Il viaggio di Liliana Segre nella Giornata della Memoria 2023 si conclude con il ritorno dopo la deportazione ad Auschwitz. La senatrice a vita racconta quanto fu complicato il suo ritorno alla normalità. «Il loro disgusto fu così terribile… Mi avevano lasciato bambina e mi ritrovarono una rozza, selvaggia, grassa, brutta, che diceva parolacce e non sapeva più stare a tavola», racconta a Binario 21. «Fu tremendo vedere queste persone buone che non riuscivano a celare la loro delusione. Mi chiedevano come mai fossi grassa? E io dicevo: di tante cose che potevano chiedermi, un mondo, mi chiedevano perché ero grassa e se ero ancora vergine».



Interviene poi il sindaco di Milano, Beppe Sala, per annunciare la decisione di conferire l’Ambrogino d’oro alla Memoria ad Alberto Segre, il padre di Liliana. Una notizia accolta tra le lacrime di Liliana Segre. Infine, un’ultima sorpresa per lei: il Coro della Scala esegue il “Va, pensiero”, noto anche come “Coro degli schiavi ebrei”, dell’opera Nabucco di Giuseppe Verdi. (agg. di Silvana Palazzo)



Liliana Segre, Binario 21: “Non potevo morire senza testimoniare…”

Non trattiene le lacrime Liliana Segre raccontando a Binario 21, su Rai 1, il suo arrivo ad Auschwitz. «Come mi sono salvata? Per caso. Mi chiesero se fossi sola e risposi sì ai nazisti». Lei e altre ragazze furono avviate verso il campo di concentramento di Auschwitz Birkenau. Neppure Fabio Fazio riesce a trattenere le lacrime. «Nessuno può immaginare la fatica del ricordo, ma proprio per questo le siamo grati». Fu scelta per lavorare come operaia, questo le ha sostanzialmente salvato la vita in quei due inverni vissuti lì. «Dopo tanti, tanti anni di silenzio, quando me la sono sentita, ho cominciato a testimoniare. Parlando ai ragazzi delle scuole, a cui mi sono dedicata da nonna, dissi che bisogna diventare fortissimi per trascorrere le lotti nei lager. Non potevo morire senza tramandare questo: bisogna essere forti. Quando si è giovani, si ha la possibilità di vincere, di non avere paura. E io ero così di notte, ero fortissima».



Nel gennaio 1945 iniziò la marcia della morte. «C’era un’atmosfera nel campo… vedevamo un nervosismo spaventoso», raccontaLiliana Segre a Binario 21. Così gli ufficiali cominciarono a buttar via le armi e le divise. In un’occasione, il comandante dell’ultimo campo vicino a lei si mise in mutande. «Buttò la pistola ai miei piedi, ebbi la tentazione pazzesca di raccoglierla e sparargli. Avevo visto così tante volte sparare ad esseri inermi, però poi capì che io non ero come lui, avevo la fortuna di essere stata amata». (agg. di Silvana Palazzo)

Liliana Segre, Binario 21: “Trattati come carne da macello…”

«Trattati come persone che dovevano andare al macello». I deportati partiti dal Binario 21 erano trattati come animali. Lo racconta Liliana Segre su Rai 1, nel suo viaggio nella memoria. «I bisogni erano annullati dalla disperazione», aggiunge raccontando il suo viaggio verso Auschwitz. Un racconto incredibile che ha deciso di fare non subito, ma anni dopo. «Io scelsi il silenzio, era impossibile non essere morti là, tornare e raccontare cose di questo genere». Peraltro, non si veniva neppure creduti all’inizio. Nel suo racconto ricorda anche i politici deportati non perché ebrei, ma perché si sono ribellati al fascismo e al nazismo. «Non erano molti, un popolo colto come la Germania ha accettato un dittatore».

Per anni si è chiesta perché nessuno si metteva davanti ai treni per impedire la loro partenza. Ma Liliana Segre non ha mai provato odio. «Ci vuole un lungo percorso, fai una grande fatica. Io non perdono, e sono molto invidiosa di chi lo ha fatto, ma io non sono capace di farlo. Negli anni sono riuscita, anche grazie all’amore che ho conosciuto, a non odiare perché non potevo trasmettere odio ai miei figli». (agg. di Silvana Palazzo)

Liliana Segre, Binario 21: “Fuga? Era troppo tardi…”

Liliana Segre fu trattata come una delinquente comune quando fu arrestata al confine con la Svizzera, mentre cercava di scappare con la sua famiglia, ma la sua unica “colpa” era quella di essere ebrea. «Mai avrei pensato che avrei visto come sarebbe stato il carcere dall’altra parte», spiega la senatrice a vita, che ricorda ancora la cella 202 del carcere di San Vittore. Era nata a pochi passi da lì, era qualcosa di così vicino e al tempo stesso lontano per lei, ma poi ci finì perché ebrea. «Cosa vuol dire entrare nel carcere a 13 anni? Ho pena per quella ragazzina. Sono stata anche una donna felice, ma come ha fatto quella bambina ad entrare a San Vittore?».

In quei momenti, tutti i problemi quotidiani perdono valore. «La sopravvivenza, quando hai l’odio che dirige tutto ciò che è attorno a te, fa sì che puoi fare i bisogno davanti ad un’altra persona e viceversa. C’erano latrine talmente immonde che tutti decidevano di usare il secchio nella cella», raccontaLiliana Segre a Binario 21. La pietà arrivava dagli altri detenuti, consapevoli che loro non erano colpevoli di nulla. «Ci urlavano la loro umanità, non ho mai dimenticato i carcerati di San Vittore, gli ultimi ad avere pietà di noi». (agg. di Silvana Palazzo)

Liliana Segre, Binario 21: “Fuga? Era troppo tardi…”

Dopo la sua espulsione, Liliana Segre scoprì di essere ebrea. Ma aveva solo 13 anni e per lei era tutto incomprensibile. «Non mi ero mai posta il problema, ero una bambina amatissima, viziata», racconta la sopravvissuta alla Shoah nella Giornata della Memoria nel corso del programma tv “Binario 21“. Dopo quell’espulsione, inoltre cambiò il rapporto con alcune sue compagne di scuola: «Non era colpa loro, erano i loro genitori a dire loro di non guardarmi perché ebrea». Fino a quel giorno era una bambina come le altre, peraltro con uno zio fascista. I divieti comunque non riguardarono solo la scuola: furono più di 400, alcuni incredibili, elencati solo in parte da Pierfrancesco Favino e Paola Cortellesi.

Mentre accadeva tutto questo, in molti provarono a scappare. «È stato un tormento di tutta la vita, e lo sarà fino all’ultimo giorno. La situazione familiare conta molto nelle decisioni. Io non avevo la mamma, mio padre era tornato ai vivere dai genitori, mio nonno era malato terminale, aveva il morbo di Parkinson, mentre la nonna era una donna semplice che stava perdendo la testa davanti agli eventi. Mio padre non sapeva come mettere in salvo me. Quando ci dicevano di partire, sembrava una cosa non adatta per noi. Quando mio padre si decise, era troppo tardi», racconta Liliana Segre a Binario 21. (agg. di Silvana Palazzo)

Liliana Segre, Binario 21: “Le prime notti ad Auschwitz…”

Un «luogo storico», così definisce Liliana Segre il Binario 21 nella Giornata della Memoria. La senatrice a vita, sopravvissuta alla Shoah, inizia il suo viaggio nell’orrore che ha vissuto. Ma il viaggio che ha compiuto è stato anche di speranza. «Quando un bambino non ha nulla, deve attaccarsi a qualcosa. Nelle prime notti ad Auschwitz notai una stellina che mi sembrava speciale e che mi ha seguito tutta la vita. La guardavo e dicevo: finché tu brilli, io sarò viva. Per me non si è mai spenta», racconta in compagnia di Fabio Fazio.

Quello che avvenne, si è alimentato dell’indifferenza degli altri. Tutto partì dalle legge razziali, la schedatura degli ebrei. In questo modo fu facile individuarli e deportarli. «Nonno, la nonna, mio papà… tutti uccisi», dice con commozione Liliana Segre, anche lei schedata. «Ero una bambina qualunque, mi piaceva andare a scuola. Sentirsi dire che ero stata espulsa è sempre stato uno choc: cosa avevo fatto di male? Bisognava diventare genitori per capire come fosse difficile spiegare il perché». (agg. di Silvana Palazzo)

Binario 21: Liliana Segre al Memoriale della Shoah della Stazione Centrale di Milano

Questa sera, venerdì 27 gennaio, alle 2.035 su Rai1 in occasione della Giornata della Memoria, la Senatrice a vita Liliana Segre, accompagnata da Fabio Fazio, conduce gli spettatori in un viaggio al Memoriale della Shoah della Stazione Centrale di Milano. Dal Binario 21, Liliana Segre racconta le tappe principali che hanno preceduto la sua deportazione: nell’ottobre del 1938 fu espulsa dalla scuola di via Ruffini a causa delle leggi razziali, poi il carcere di San Vittore, fino a quel 30 gennaio del 1944 quando venne caricata, insieme al padre Alberto, su un vagone merci in quel sotterraneo.

Dal vagone piombato non potevo vedere nulla, solo percepire l’alba e il tramonto, avevo perso la cognizione del tempo non sapevamo dove stavamo andando, dove ci avrebbero portati, intuivo solo che quello sferragliare delle ruote del treno mi allontanava sempre più da casa”, ha raccontato più volte la Senatrice. Il 6 febbraio 1944 Liliana arrivò al campo di sterminino di Auschwitz, fu qui che vide per l’ultima volta suo padre. Erano partiti in 604 dal Binario 21, tornarono in 22.

Fabio Fazio accompagna Liliana Segre al Binario 21

Il racconto di Liliana Segre si avvale di materiali fotografici, stampa e video dell’epoca, per rendere visibile a tutti un luogo normalmente invisibile e per ricordare una delle vicende più nere delle pagine della storia dell’uomo e che non deve mai essere dimenticata. Al fianco della Senatrice a vita ci sarà Fabio Fazio. Durante la puntata del 23 ottobre di Che tempo che fa, Liliana Segre ha detto al conduttore: “Vorrei che lì ti facessi guidare da me, io c’ero”. E così è nato lo speciale “Binario 21” che andrà in onda questa sera, venerdì 27 gennaio, su Rai 1. Il viaggio al Memoriale della Shoah della Stazione Centrale di Milano, vedrà la partecipazione di Paola Cortellesi e Pierfrancesco Favino e un’esclusiva esibizione del Coro del Teatro alla Scala.