Durante la puntata di martedì del programma di Mario Giordano, Fuori dal Coro, si è parlato del singolare caso dei biolaboratori in Italia. Simili al famoso Istituto di Virologia di Wuhan, da cui in un modo o nell’altro sarebbe ipoteticamente “scappato” il coronavirus, destano non poca preoccupazione tra i cittadini italiani. A Pesaro, per esempio, è in cantiere la costruzione di uno di questi laboratori, con un livello di sicurezza pari a 3, un gradino sotto a quello massimo (ovvero il 4, livello di sicurezza del laboratorio di Wuhan). Per capire meglio cosa concretamente succeda nei biolaboratori in Italia, Fuori dal Coro si è diretto a Triste, dove si trova il Science Park, attualmente di livello 3, ma che presto arriverà anche al 4 grazie ad un ampliamento.



Biolaboratori in Italia: cosa succede a Trieste

Insomma, sembra che quella di costruire biolaboratori in Italia sia un tendenza tutta al rialzo, finanziata in parte anche grazie ai soldi del PNRR europeo. È il caso specifico di Trieste, dove l’attuale Science Park di livello 3, passerà presto al livello 4 grazie agli investimenti dello Stato. Investimenti, racconta Fuori dal Coro, che garantiscono anche al centro di ricerca l’immunità giuridica (valida anche per le famiglie dei dipendenti), vincolata da una convenzione delle Nazioni Unite.



A raccontare concretamente chi paga per i biolaboratori in Italia è l’addetta alle comunicazioni del centro di Trieste: “Siamo finanziati dal ministero degli affari esteri, ma riceviamo anche finanziamenti internazionali. Abbiamo un progetto con la fondazione “Bill and Melinda Gates” nella diagnostica. Siamo un BSL-3″, racconta, “però ci stiamo ampliando per diventare BSL-4”. Per quanto riguarda, invece, il tipo di ricerca svolta nei biolaboratori in Italia, racconta che è soprattutto sui “nuovi virus, per evitare nuove pandemie future. Una sorta di task force per poter agire velocemente”.



I rischi dei biolaboratori

A vederla così, insomma, sembra che i biolaboratori in Italia e all’estero svolgano una funzione utile e sacrosanta, ma il professor Joseph Tritto, uno dei massimi esperti di biolaboratori e nano tecnologie, la pensa diversamente. “I p4 hanno questo ruolo duale”, racconta, “quando passano al livello 4 l’ingerenza del mondo militare è immediata ed automatica e funzionano anche come ricerca di tipo difensivo e offensivo a livello militare. Su questo non c’è nessun dubbio”. Sulla sicurezza dei biolaboratori, in particolare, è molto dubbioso, “avere un laboratorio p3/p4 in un ambiente densamente popolato è un rischio altissimo, è poco controllabile”.