Anche la Cina ha un’anima green. Il Celeste Impero, tra i maggiori imputati dell’inquinamento mondiale, si scopre attento ai consumi biologici. L’indicazione arriva dal Focus Cina presentato in occasione del secondo webinar online del progetto ITA.BIO, la piattaforma, promossa da ICE e Federbio, e curata da Nomisma, con l’obiettivo di fornire dati, informazioni e servizi a supporto dell’internazionalizzazione del biologico Made in Italy.



I numeri – suggerisce l’indagine – non lasciano spazio a interpretazioni: tutti gli indicatori del settore mostrano infatti segni di incremento. Così è per i 3 milioni di ettari coltivati secondo il metodo biologico, in crescita del +188% in soli 8 anni, nonostante rappresentino ancora solo lo 0,6% del totale della superficie agricola complessiva. E così è anche per le vendite di prodotti bio sul mercato interno, che hanno raggiunto dimensioni davvero significative superando gli 8 miliardi di euro grazie a una crescita del +70% rispetto al 2015. Un giro d’affari che rappresenta l’8% delle vendite mondiali della categoria e che fa della Cina il quarto mercato al mondo per consumi dei prodotti organic.



Va detto però che l’interesse per il bio nel Paese asiatico resta ancora un fenomeno di nicchia. Prova ne è che l’incidenza complessiva della categoria sul totale del carrello si ferma, nel 2019, all’1,2% (pur in aumento dallo 0,7% del 2014) e la spesa pro-capite per prodotti biologici non supera i 5,5 euro a persona, contro i 125 euro degli Stati Uniti e i 58 euro dell’Italia.

Ma l’ascesa è veloce – fa notare ancora l’indagine di Nomisma – anche perché il biologico risponde alla crescente richiesta delle famiglie cinesi di garanzie di sicurezza e salubrità in fatto di cibo. Una tesi confermata, anche in questo caso, dai numeri: quasi un consumatore cinese su due (46%) si dichiara infatti pronto a prestare più attenzione alla qualità dei prodotti che mangia. E, soprattutto, il 61% prevede di incrementare la spesa per prodotti biologici da qui al 2025.



Questione di reddito e titolo di studio

Ma qual è l’identikit del consumatore cinese che sceglie il bio? I dati della consumer survey di Nomisma rilevano una forte propensione all’acquisto di prodotti green nei cittadini delle principali città e in particolare in quelli dell’upper class: tra i cinesi con redditi superiori ai 16.000 RMB la quota di user bio sale infatti al 76% contro una media del 64% che dichiara di avere acquistato un prodotto alimentare o una bevanda a marchio biologico nel 2020. E ancora, raggiunge il 74% tra chi ha un titolo di studio elevato (laurea o Phd) e il 68% tra lavoratori autonomi, imprenditori o liberi professionisti.

L’indagine individua poi il profilo di un consumatore millennial con figli, abituato agli acquisti online, e spinto a scegliere prodotti biologici principalmente da tre fattori: la sicurezza alimentare (espressa dal 28% degli organic user), la qualità superiore (24%) e l’attenzione per l’ambiente (23%).

Fattori – sottolinea lo studio – che diventano ancora più importanti in questo periodo di crisi sanitaria, tanto che durante il 2020 il 3% dei cinesi (quasi 500 mila persone) dichiara di avere iniziato ad acquistare referenze bio per la prima volta, mentre il 47% tra chi ne era già utilizzatore, ne ha incrementato la spesa.

Sostenibilità e origine

Il marchio biologico non è tuttavia l’unica caratteristica che conta nella scelta dei prodotti da mettere nel carrello in Cina. Altri criteri entrano in gioco. Il primo corrisponde alla richiesta di coerenza e sostenibilità a 360°. Il 29% degli user bio ritiene infatti importante che la confezione sia eco-friendly o che il prodotto sia stato realizzato rispettando l’ambiente. Il che, in altre parole, significa minori emissioni di CO2, zero sprechi, uso di energia rinnovabile. Il secondo elemento di valutazione è l’origine: il 22% degli intervistati fa attenzione a questo aspetto quando fa la spesa bio. In particolare, ad essere preferiti sono i Paesi stranieri di cui si apprezza la qualità (12%).

Le frecce all’arco dell’Italia

E tra questi, il nostro risulta al primo posto. L’Italia brilla infatti sia in relazione ai complessivi prodotti alimentari (è indicata dal 17% come produttore di eccellenze del food & beverage), sia sul fronte delle referenze a marchio bio (18%). Un primato d’immagine che incide naturalmente sulle scelte d’acquisto. La ricerca di Nomisma rivela infatti che il 19% dei consumatori cinesi ha comprato almeno una volta nell’ultimo anno alimentari o bevande Made in Italy a marchio bio. E la propensione raddoppia se si prende in considerazione il solo target di chi ha avuto un’esperienza di visita nel Bel Paese: tra i turisti che negli ultimi anni sono stati in Italia, la quota di bio-user raggiunge infatti il 28%. L’interesse per il bio Made in Italy è poi più forte tra chi mostra una maggiore propensione agli acquisti online (in questo target è il 26% a scegliere il nostro organic F&B), tra i più giovani (il 24% dei millennial è user) e tra i componenti dell’upper class (il 22% delle famiglie con redditi superiori ai 16.000 RMB consuma bio italiano).

I prodotti più ricercati

In questo quadro, dunque, il nostro Made in Italy bio pare avere ottime possibilità di mettere a segno ulteriori crescite. E a beneficiare di questa prospettiva si candidano in particolare alcuni prodotti. Innanzitutto – indica la ricerca -, quelli lattiero-caseari (in primis latte per i bambini) e quelli per l’infanzia. Ma non solo. Anche carne e derivati, insieme a pasta e prodotti da forno, sono categorie per cui i consumatori cinesi cercano le garanzie del bio. E quelle peraltro su cui l’italianità costituisce un valore aggiunto.