LA LEGGE SUL BIOTESTAMENTO COMPIE 5 ANNI MA UTILIZZATA ANCORA POCHISSIMO: I DATI

Ha compiuto 5 anni in questi giorni l’entrata in vigore della legge sul biotestamento in Italia che permette dal 31 gennaio 2018 di poter scegliere l’interruzione delle cure (comprese anche nutrizione e idratazione) o il suo rifiuto: succede però che appunto a 5 anni dal varo della legge sotto il Governo Gentiloni, i numeri delle DAT (Disposizione anticipata trattamento) siano tutt’altro che vicini da quanto associazioni dei Radicali e simili avrebbero desiderato per il 2023. Secondo i numeri riportati oggi da “La Repubblica”, sono in tutto 185.500 gli italiani che hanno sottoscritto un biotestamento (testamento biologico, ndr): si tratta dello 0,4% dei cittadini over-18.



Tra l’altro, di questa risicatissima fetta di connazionali, solo 145.062 di loro ha effettivamente inviato alla Banca Dati le proprie DAT: per tutti gli altri in pratica le proprie indicazioni sul biotestamento non sono al momento note agli ospedali e alle strutture sanitarie in caso di emergenza. La riforma nata sulla scia della lunga eco del caso Eluana Englaro e Piergiorgio Welby si trova dunque dopo 5 anni approvata e consolidata, senza però essere stata in pratica mai usata dalla cittadinanza. Nei mesi in cui si torna a parlare di testi di legge sul suicidio assistito e l’eutanasia, non possono non essere già un risultato piuttosto incidente i numeri registrati sul biotestamento.



BIOTESTAMENTO E DAT: APPELLO ASS. COSCIONI E POSIZIONE CHIESA

Il lungo appello dell’associazione Luca Coscioni di Marco Cappato e Filomena Gallo arriva diretto al Ministero della Salute di Orazio Schillaci, denunciando «la disinformazione sul testamento biologico, sul quale non è mai stata realizzata una campagna istituzionale. Entro sessanta giorni il ministero e le aziende sanitarie provvedono a informare sulla possibilità di redigere le Dat, anche attraverso i siti internet». Ad oggi numeri “alti” per il biotestamento si registrano solo a Milano (14.209 DAT presentate), Roma (9.235) e Torino (10.357): nei prossimi giorni l’associazione lancia una campagna di sensibilizzazione sul tema del biotestamento, con coordinamento generale di Valeria Imbrogno, la compagna di Dj Fabo (morto per suicidio assistito in Svizzera accompagnato dallo stesso Cappato).



«Ci sostituiamo ancora una volta allo Stato nel realizzare una campagna di informazione su uno strumento di libertà fondamentale, ma finora tenuto nascosto dal ministero della Salute dei Governi che si sono succeduti in questi 5 anni», denunciano Gallo e Cappato in una nota, «Per questo abbiamo chiesto ufficialmente un incontro al ministro della Salute, Orazio Schillaci, per parlare di libertà fondamentali e diritto alla salute». Il tema resta: il biotestamento è una legge “dimenticata” (o volutamente “celata”) oppure è il tema in quanto tale che veniva elevato a opinione pubblica senza essere poi effettivamente considerato di interesse pregnante dai cittadini? Il dubbio resta, con il giudizio delle Case di cura cattoliche che oggi come ieri resta vicino al giudizio dato dalla Chiesa di Papa Francesco all’indomani dell’approvazione delle DAT: «Da sempre più parti ci viene chiesto cosa faranno le strutture sanitarie della Chiesa di fronte ad una richiesta di applicazione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento, le ormai famose Dat divenute legge dello Stato. Qualche ‘Solone’ di turno già nei giorni in cui era viva la discussione parlamentare sulla proposta di legge si arrogò il diritto di rispondere per noi. ‘Nel Vangelo – disse un deputato il cui nome non citiamo per pudore – c’è scritto che Gesù ha detto ‘Date a Cesare quel che è di Cesare’ intendendo con ciò sostenere l’obbligo a sottostare alle legge dello Stato anche da parte delle opere di Chiesa. Certamente siamo convinti di dover rispettare le leggi dello Stato a patto però che quel versetto del Vangelo citato per far valere le proprie ragioni fosse citato per intero – cioè con la prosecuzione della risposta di Gesù ai Farisei che volevano tendergli un tranello: ‘… e a Dio quel che è di Dio’ – e parimenti accettato, come di solito si usa in una comunità che si dice democratica», si leggeva 5 anni fa la nota dell’Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari sulle Dat. In merito al giudizio in quanto tale, veniva rimandato a quanto detto dal Papa citando il Catechismo: «siamo contro l’accanimento terapeutico ma a favore di alimentazione e idratazione artificiali, almeno sino a quando non dovessero procurare – ma dovrebbe essere clinicamente accertato – ulteriori e inutili sofferenze. Restiamo convinti che lasciar morire di fame o sete una persona piuttosto che per il corso naturale della sua malattia sia come aprire le porte all’eutanasia». Al netto di tutto, dopo i tanti vituperati attacchi alle strutture religiose perché contrarie al biotestamento, si può dire ad oggi che il giudizio cattolico sul tema sembra essere condiviso – nei fatti – dalla maggioranza degli italiani?