Gotham City. Nella città di Batman abbandonata da Batman, si diffonde la notizia della rottura del fidanzamento tra Harley Quinn e il cattivo Joker. Una relazione che garantiva a lei, dannatissima e malvagia delinquente, una protezione totale dalla vendetta di molteplici balordi urbani. La fine della storia è per lei l’inizio di una nuova vita, in perenne difesa dagli attacchi ostili di violenti fantacriminali. Tra questi l’egocentrico Black Mask, interpretato da Ewan McGregor, con al fianco il fidato tirapiedi Zsasz.



Finita nelle mani minacciose del viscido boss di Gotham, Harley ottiene la “proroga” della sua morte, a patto di ritrovare un prezioso diamante finito nelle mani della giovane ladruncola Cassandra Cain. Al diamante sono però interessate, con diverse motivazioni, anche la poliziotta Renee Montoya, la cantante Black Canary e la cacciatrice con balestra Helena Bertinelli. La caccia sarà lunga e pericolosa. Per tutti.



La fantasmagorica rinascita di Harley Quinn in Birds of Prey promette faville e le mantiene. Fantasmagorico, questo film, lo è senz’altro. Un caleidoscopio di sollecitazioni ricche di glamour e sguardi iconici. Harley Quinn non è una brava ragazza. Non potrebbe esserlo, essendo stata la delinquente compagna di Joker. Non è un modello di comportamento, di stile, di valori. Non è un modello e nemmeno vuole esserlo, portatrice insana di casualità e istinto nella sua folle vita e in quella degli altri.

Harley però riempie la scena, unica nella sua squadra di eroine squinternate e problematiche, e la stravolge. La supereroica bionda rompe le regole, sfida lo status quo maschile e guida una fiera rivolta libertaria che affossa il cupo passato di Gotham, per costruire un luminoso futuro a trazione femminile. Un futuro, a dire il vero, che sembra comunque privo di luce e di femminilità. Ma poco conta. Ciò che conta è il nuovo ambizioso regime dittatoriale che celebra un girl power fortemente rivendicativo, che umilia le goffe esistenze dei maschi, ridotti a contorno riscaldato. Siamo donne, oltre le gambe c’è di più. 



Harley Quinn sorprende, in positivo, per la sua energia dirompente e vitale, calata in un contesto visivo immaginifico, ricco di suggestioni, forme e colori che riempiono la scena. Un film di maestria grafica, pittorica e fumettistica che ci immerge nel mondo dei comics, con il prepotente disagio che abbiamo appena visto in Joker. Ma per non creare false aspettative, dal pluripremiato film di Todd Phillips, a dire il vero, Birds of Prey non prende quasi nulla.

Non è il capolavoro di senso, non è la potente ricostruzione sociale del male, non è il miracolo interpretativo del cast dell’ultimo Joker. È solo un suggestivo e ben riuscito giocattolo visivo, che ammanta di seduzione e di sofferente volontà di liberazione il pubblico adolescenziale, lasciando certamente inorridito e a bocca aperta quello degli adulti, soprattuto di quelli senza una minima e necessaria apertura mentale all’immorale e destabilizzante divertissement.

Siamo comunque nell’universo dell’improbabile realtà, più che in quello della probabile fantascienza di Marvel. Ci sono muscoli, corpi, violenza, storie di vita, nessun eroe volante e pochi superpoteri. Non è l’epica Avengers, distrutta da intermezzi d’ironia. È un grande circo spettacolare, inondato di crazitudine divertente, con un pizzico di amaro impegno.

Una lunga autobiografia di Harley, con scorci tarantiniani alla Kill Bill, che ci racconta perché lei è quello che è e perché, quasi per necessità, ha pensato di essere altro, risvegliandosi dal male assoluto, per abbracciare un male più rassicurante, ancora un po’ ispirato al bruto maschio, ma pur sempre a fin di bene.

Solo poche parole, meritate, per le altre bad girls. Ci sono, fanno squadra, interpretano con credibile follia i loro ruoli e ci ammaliano coi loro spettacolosi combattimenti, dentro a suggestive divise di ruolo. Contro l’universo maschile, mafioso e connivente, guidato da uno sgradevole, gratuitamente sadico ma apprezzabile Ewan Mc Gregor, attorniato dai suoi cicatrizzati scagnozzi.

Lo odi o lo ami. E molto probabilmente lo odi. Ma se accetti la sfida, senza giudizio morale o pregiudizio, se vuoi assaggiare parte di un immaginario fantabulous, se vuoi esplorare i contorni di una rivoluzione femminile senza femminilità, potrai apprezzare l’irriverenza, la libertà, la giocosa violenza dai pallettoni colorati e il prezioso gusto iconico ed estetico della regista, rigorosamente donna, come tutti i personaggi vincenti del film.