Negli ultimi anni sono aumentati sempre di più coloro che hanno deciso di investire in criptovalute e Bitcoin anche grazie agli ottimi affari resi possibili dalla crescita del settore. Tuttavia, a differenza di altri tipi di investimenti capire come pagare le tasse sui guadagni maturati può rappresentare un problema ed infatti molti non sono ancora riusciti a riscuotere i propri guadagni lasciandoli ancora in formato digitale su qualche sito specializzato. In Italia l’argomento legato alla normativa fiscale sulle criptovalute è soggetto a diverse opinioni da parte dell’Agenzia delle Entrate e questo ha portato a varie interpretazioni sull’argomento. Chi si è imbattuto in investimenti di Bitcoin, dunque, spesso non sa quali sono gli adempimenti da rispettare rischiando così di trovarsi in una situazione di irregolarità.



A differenza dei titoli di stato le criptovalute hanno caratteristiche proprie. Se fino a qualche anno fa i principali investimenti finanziari venivano fatti attraverso un intermediario come la banca, che faceva anche da sostituto d’imposta, le cose sono poi cambiare con l’introduzione di app di trading come Robinhood o eToro che non offrono questo servizio anche se diverse banche anche online offrono garanzie e consulenze sulla tassazione degli investimenti.



BITCOIN, COME PAGARE LE TASSE IN ITALIA? LE PROBLEMATICHE

Quando si parla di Bitcoin, questi si comprano e si scambiano su piattaforme quasi sempre estere e che garantiscono un buon livello di anonimato. Spetta all’investitore preoccuparsi degli adempimenti con il fisco. E se per i grandi investitori potrebbe non rappresentare un problema, lo diventa invece per i singoli. Anche i commercialisti spesso si ritrovano a non avere delle risposte precise in fatto di tassazione in questo ambito. “L’amministrazione pubblica ha una certa responsabilità nel non chiarire in maniera inequivocabile cosa bisogna fare”, ha commentato Ferdinando Ametrano, professore all’Università Milano-Bicocca esperto di criptovalute a Il Post. “I piccoli investitori in particolare hanno paura di trovarsi in difficoltà davanti al regolatore”, ha aggiunto Andrea Ferrero, CEO e cofondatore di Young Platform, svelando uno dei problemi dei propri clienti. Cioè che rende problematica la questione della tassazione delle criptovalute è la complessità della norma attuale e soprattutto la sua frammentazione in quanto non esiste una norma univoca. L’Agenzia delle Entrate al momento non ha fornito delle precisazioni ufficiali ma esclusivamente ai singoli e successivamente diffuse nella comunità di esperti ed appassionati. Gran parte delle precisazioni, inoltre, non giungono dalla sede centrale ma da quelle locali.



DICHIARAZIONE DEI REDDITI: COSA DICE IL FISCO

Ciò accade perché, come spiega Francesco Avella, commercialista esperto di criptovalute, “nella direzione centrale di Roma non c’è unanimità di vedute su una questione, e l’Agenzia stessa preferisce non sbilanciarsi ufficialmente in attesa in un intervento legislativo”. Questo porta a pensare che per l’Agenzia le criptovalute devono essere equiparate a investimenti in valuta estera con corso legale, con tutti i problemi al seguito legate alle diverse caratteristiche. Ad ogni modo, spiega Il Post, si è giunti ad una sorta di consenso su come operare in questo campo. Il fisco italiano chiede due cose all’investitore: che indichi il valore delle criptovalute in suo possesso in dichiarazione dei redditi, a fini informativi, e che paghi un’imposta sui redditi del 26% se dalle criptovalute ottiene plusvalenze, cioè un guadagno. Le imposte sulle plusvalenze però vanno pagate solo se il valore della giacenza media nell’ultimo anno è stato superiore a 51.645,69 euro. La norma è conveniente per i piccoli investitori.

Chi compra criptovalute oggi deve semplicemente indicarle in una sezione della dichiarazione dei redditi che si chiama “Quadro RW”, dal valore puramente informativo. Quando poi l’investitore deciderà di vendere le sue criptovalute, sarà tenuto a pagare un’imposta soltanto se queste superano i 51 mila euro. Non tutti però sanno che le criptovalute dovranno indicarle in dichiarazione dei redditi. La norma in Italia è stata pubblicata da pochi anni, è retroattiva ed è probabile che in tanti siano oggi in condizione di irregolarità senza neppure saperlo.