Bitcoin ed il suo affondo sotto i 30 mila euro, pari ad appena 32 mila dollari, hanno fatto tremare i maggiori investitori che hanno visto il BTC affondare in un rosso abisso, che ha fatto perdere alla cripto con la maggiore dominance oltre il 46% in un anno.

Bitcoin in rosso: il ruolo dei colossi nel crollo della criptovaluta

A far quasi perdere le speranze è stata la rottura del supporto dei 38 mila dollari e l’attuale oscillazione nel range che va dai 29-30 mila dollari a far pensare male gli analisti che vedono il bitcoin diretto verso sud, precisamente a quota 17 mila, dove completerebbe la figura della “testa e spalle”, che segna un’importante inversione del trend.



Se pensiamo che il massimo del bitcoin è stato di 68990 mila dollari, capiamo che bitcoin ha quasi dimezzato la sua migliore performance annuale e, con la progressiva riduzione della capitalizzazione di mercato, dobbiamo supporre che grossi colossi abbiano deciso di trarre profitto: in questi grossi ribassi stagionali del bitcoin infatti, gli investitori singoli e utenti privati hanno un ruolo marginale. La gran parte del capitale cripto messo in vendita spesso è di grossi fondi o mining farm.



Bitcoin in rosso: le crisi stagionali ed i recuperi

Tuttavia, stando alle ipotesi dobbiamo dire che la stagionalità dei ribassi del bitcoin va avanti da ormai un decennio. E’ ragionevole ipotizzare dunque che, una volta rotto il supporto/resistenza dei 27 mila dollari (e siamo ad un passo), il BTC potrebbe affondare a 17 mila dollari. Il recupero e la risalita verso nuovi massimi potrebbe durare anni, anche tre anni o non capitare mai più.

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