“Parlare di turismo, soprattutto riferendosi a territori come quelli trentini, significa parlare di economia, di sviluppo, di motore per un indotto che alimenta una filiera lunghissima, in molti altri settori”. Alessandro Franceschini, l’architetto-filosofo direttore scientifico della Bitm (la borsa internazionale del turismo montano, a Trento dal 14 al 17 novembre), si concentra soprattutto su alcuni temi fondamentali.
Quali sono, direttore?
Al primo punto metto la stagionalità. Estate e inverno viaggiano per loro conto, e sono periodi già abbastanza saturi, a volte anche con problemi causati dall’overtourism, fenomeno che degrada le esperienze possibili nelle destinazioni, e che si alimenta nella smania di condivisione influenzata dai social media. Bisogna piuttosto cercare di diluire i flussi, puntando sull’appeal delle stagioni medie, l’autunno e la primavera, ancora snobbate e invece capaci di restituire emozioni vere e panorami irripetibili, con in più prezzi convenienti e meno affollamenti. Su questo bisogna ancora lavorare e mettere a sistema e divulgare le eccellenze esistenti, anche per far fronte alle competizioni internazionali, sempre agguerrite.
Si dice però che la disponibilità degli operatori dell’ospitalità sia piuttosto limitata ai periodi clou, quelli che garantiscono più redditività…
Va considerato l’asset più frequente nelle gestioni, che è quello familiare, una conduzione che spesso è restia a modifiche. Ma oggi è sempre più imperativo puntare sull’innovazione, ed è questo il punto al secondo posto delle priorità: occorre prendere coscienza della trincea in cui si opera, dove è necessario un aggiornamento costante della proposta turistica, con il rinnovamento delle strutture, con l’innesto virtuoso della tecnologia, con l’implementazione delle attrazioni. In Trentino il turismo è stato pianificato dall’urbanistica, con una visione delle proposte che ormai andrebbe aggiornata. Nel 2008 è stato varato anche un freno alle seconde case, i letti freddi, le abitazioni che restano vuote per undici mesi all’anno. Adesso anche quel piano andrebbe aggiornato.
Quali altri temi ritiene fondamentali per il futuro del turismo delle terre alte?
Praticamente sono quelli inseriti nel programma di lavoro della Bitm. Come il personale, che andrebbe motivato (retribuzioni, possibilità di alloggio) e formato adeguatamente, dando prospettive di carriera e condivisione di obiettivi. Lavorare nel turismo può offrire stimoli e contatti che altri impieghi non propongono, ma occorre veicolare questi atout per far sì che venga percepita una nuova qualità dell’impiego. Sottolineo poi un altro punto fondamentale: i simboli.
La semiotica del turismo?
Esatto. Per raggiungere la destagionalizzazione bisogna lavorare anche sui simboli che creano l’immagine di una destinazione, per valorizzare le attività sulle quali si vuole spingere la leva delle stagioni medie, come lo sport o i grandi eventi. La realtà è che se il turismo si ferma a guardarsi entra automaticamente in una fase pericolosa, perché è un’industria sulla quale tutto il mondo punta con una competitività in aumento costante. Certo, si tratta di evoluzioni che andrebbero coordinate.
Magari con una regìa pubblico-privato che tutti invocano ma che ancora latita?
Si soffre sempre di un eccessivo frazionamento. La Bitm era nata nel 2000 come vera borsa b2b, con incontri tra operatori; poi, con l’esplosione del web, è cambiato tutto, e la Bitm è diventata un luogo di discussione, di approfondimento. I temi che ne emergono non sono sofismi, ma sono il concreto termometro del settore, che ogni anno indica forze e sofferenze. Ma poi le risposte adeguate scarseggiano: il decisore pubblico sembra poco decisore, insomma, più propenso a lasciare il settore alla sua autogestione. Si è sempre andati avanti così, ma sarebbe tempo di cominciare a governare le necessarie transizioni.
(Alberto Beggiolini)
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