Partita frizzante, difese decisamente già in vacanza. Sembrava una battaglia all’ultimo sangue, col senno di poi forse è stata solo una passerella. Il Livorno precipita in fondo alla classifica e prepara le valigie per la serie cadetta, la sconfitta di domenica scorsa è parso lo scivolone di una squadra senza più energie mentali per combattere anche perchè parlando onestamente l’udinese di questi mesi non è per niente imbattibile. Tutto nel primo tempo il succo della  partita, sette gol in meno di 40 minuti. Da non sapere se ridere o piangere, i due gol del Livorno su punizione di Paulinho, i cinque dell’Udinese (non segnava cinque gol dalla partita contro l’Inter di fine campionato scorso) sono frutto di caparbietà del suo bomber Di Natale che, manco a dirlo, con i due gol (da segnalare anche un rigore sbagliato) entra nella storia del calcio superando Del Piero e Signori nella classifica marcatori di tutti i tempi della serie A con 189 gol. Sua la prima rete, non c’è il tempo di disperarsi di un rigore fallito, parato dal sostituto di Bardi Anania, che su calcio d’angolo il Re di Udine viene abbandonato dagli avversari in area. Stop e gol. Pochi minuti ed è sempre su sua iniziativa che arriva l’altro gol. Scende sulla trequarti per scambiare palla ed accelera improvvisamente passaggio geniale per Silva in fascia che la passa in mezzo, liscio di Fernandes ed assist involontario per Badu che insacca. Tripudio al Friuli dopo settimane di anticalcio finalmente una bella azione. Pareggio estemporaneo del Livorno su calcio piazzato grazie ormai all’abituale deviazione di Danilo che involontariamente spiazza Scuffet per la terza partita di fila. Il terzo gol per i bianconeri però arriva immediatamente da una palla rubata a centrocampo, ripartenza letale con difesa livornese disorganizzata. Gol di Pereyra. Il quarto e il quinto sono proprio una beffa per i toscani che sembrano giocare un’amichevole per la distrazione che dimostrano, palloni persi, difesa sbilanciata, centrocampo che non filtra. Silva e ancora Di Natale, sempre su contropiede segnano per la gioia dei pochi tifosi presenti allo stadio. Il secondo tempo è parecchio noioso, il Livorno ci prova ma l’Udinese non infierisce, o meglio non riesce, Pereyra e Di Natale si spengono e Fernandes non pare molto in giornata. Arriva nel finale un gol livornese con Mesbah, ma è inutile. Ma la passerella friulana non ha mostrato solo una squadra che ha tirato i remi in barca, a mio modo di vedere si son viste anche le prove generali relative al saluto che Udine tributerà al suo indiscusso idolo, il capitano di tante stagioni, il bomber di cui andare orgogliosi. L’attaccante napoletano non ha sciolto le riserve sul suo futuro, ma le voci che si inseguono ormai lo danno partente per Empoli, con un ruolo dirigenziale, ma se la squadra toscana riuscisse a salire in A chissà che non sia stuzzicato dall’idea di raggiungere i 200 gol ancora per un anno con un’altra maglia. Gol subiti a parte si è comunque vista un altra squadra, con il 4-3-2-1 è parsa molto più equilibrata, e ben bilanciata con soluzioni alternative al semplice spazzare dei difensori. E quando un attaccante come quello dei friulani…

… scende sulla trequarti ad aiutare la squadra come ha scelto di fare questa volta non c’è scampo per squadre distratte come il Livorno. E dopo aver tanto elogiato il capitano bianconero voglio dedicare l’ultimo pensiero a quello livornese, nella settimana dove i nomi di “Jenny ‘a carogna” e di “De Santis” rimbombano in tutti i media non ci si dimentichi di quel “poveretto” che sfogandosi sui giocatori del Livorno ha rifilato uno schiaffone a Paulinho, vero guerriero in un calcio di prime donne, l’ultimo, da bravo capitano, a lasciar la barca che affonda. Applausi anche per lui a fine partita. Solo perchè i fatti di Roma hanno preso il sopravvento non ci si dimentichi che i “deficienti” sono ovunque, e sono troppi. Quante volte ancora dobbiamo sentire il ritornello sul giro di vite contro i violenti e sul modello inglese. In Italia è evidente che c’è un cancro marcescente che é la giustizia, senza certezza della pena, senza un’autorità forte che riesca ad imporsi niente cambierà, solo lo Stato sembra illudersi di poter cambiare le cose senza accorgersi che ciò che deve cambiare è il concetto, l’idea e l’agire dello Stato stesso.