In questi giorni Blanco ha fatto parlare di sé e il pubblico si è diviso: c’è chi ha invocato sanzioni e denunce, c’è chi ha perdonato perché soprattutto i giovani sbagliano. E Blanco ha pagato: già quando usciva dall’Ariston piangeva, segno che si era reso conto che chi l’aveva consigliato male non era lo stesso su cui cadeva la responsabilità di questo gesto scordinato. Perché che tutto fosse stato preparato è vero: non si resta così calmi dopo una scenata isterica e nemmeno così indenni prendendo a calci rose che dovrebbero essere provviste di spine. Nessuna traccia di sorpresa sul volto dell’imperterrito Amadeus e nessuna alterazione su quella di Blanco: una composta gelata formalità che fa pensare che in questo “tutto fa spettacolo”, la furia temporanea rientri nella scaletta.
Che Blanco appartenga all’elemento sovversivo sanremese come lo sono stati Achille Lauro, i Maneskin e Rosa Chemical è chiaro. La bravura del conduttore è stata quella di affiancare a voci classiche quelle più giovani e stridenti. Ma ci si chiede cosa rimanga da dissacrare, se anche il bacio di Fedez e Rosa Alchemica non hanno nulla di nuovo, anzi: moderna e trasgressiva a questo punto è solo la fedeltà se non al partner, alla moralità.
LA TRASGRESSIONE NON FA MERAVIGLIA
Perché da quando è caduto il muro di Berlino si sono abbattuti a catena tutti i muri e i limiti di quello che pensavamo avesse la nostra civiltà, e in questo sfondare porte non ci accorgiamo che esse sono, in realtà, tutte già spalancate. Non fa meraviglia la trasgressione, anzi, fa meraviglia chi come Gianni Morandi sembra ancora l’eterno ragazzino felice, di una spensieratezza che non trovi più alle nostre latitudini, noi che siamo passati dall’indifferenza al cinismo totale della resilienza che altro non è che una muta disperazione.
La nostra società continua a rompere l’ordine e l’equilibrio, sia quello temporaneo di una Sanremo che per una settimana all’anno, come il Natale, porta tutta l’Italia in festa e riesce a risparmiarci almeno per qualche giorno le notizie sulla guerra e quelle altrettanto fosche e tragiche del terremoto che durante Sanremo è passato sotto silenzio. La kermesse della gioia e dei fiori è esplosa nei nostri cuori facendoci credere per un momento che il mondo fosse davvero rose e fiori, l’utopia della felicità come la famosa isola delle rose, una piattaforma che negli anni sessanta fu costruita al largo di Rimini assurgendo al titolo di stato indipendente con il risultato di vedersela smantellare dal governo italiano solo dopo due mesi di vita. Così anche l’utopia sanremese è distrutta dai calci di Blanco, come nel video avviene anche sul palco.
BLANCO E LA SIMBOLOGIA DELLA ROSA
La simbologia della rosa corre nei secoli: la rosa simbolo non solo dell’amore fisico e passionale, ma anche di quello mistico e dell’ordine cosmico riportati sui rosoni delle chiese medievali dove tutto è armonia e gerarchia di santi e meriti. La rosa dei rosacroce che al di là del nome, fittizio o reale del suo fondatore Rosenkreuz, indica l’aspirazione segreta di una setta esoterica che vuole riformare il mondo alle leggi della bellezza e della giustizia. Un’altra utopia.
Il Romanzo della rosa, anch’esso contenente le saghe medievali e i principi aristotelici che regolano il mondo; la rosa della bella e la bestia, segno della virtù e del bene, la rosa politica dei partiti socialisti e laburisti, le rose di san Valentino. La rosa alchemica di un cantante che vuole distruggere un ordine per ristalbilirne un altro secondo leggi segrete, magiche, cabalistiche, forse.
Così sotto alla distruzione del lavoro artigianale di questo palco meraviglioso pagato dai contribuenti infuriati per l’offesa, corre un secondo significato più sottile, meno palpabile e, in fondo, l’unico ad importare davvero.