IL SEGRETARIO DI STATO USA BLINKEN ATTACCA XI JINPING
«Sotto il presidente Xi, il Partito comunista cinese è divenuto più repressivo in casa e più aggressivo all’estero»: parole molto dure quelle pronunciate dal Segretario di Stato Antony Blinken in un discorso che a breve verrà diffuso dal dipartimento Usa, anticipato dai media americani e dall’ANSA. Nelle ore in cui il dialogo e il rapporto tra Cina e Usa è ai minimi termini – a seguito delle dichiarazioni del Presidente Joe Biden su Taiwan – le parole di Blinken da un lato acuiscono lo scontro tra Pechino e Washington, dall’altro sembrano porre in chiaroscuro una “differenza” tra il popolo cinese e il leader del Governo comunista.
«La Cina è l’unico Paese con l’intento di ridisegnare l’ordine internazionale e, sempre più, con il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo. Invece che usare il suo potere per rafforzare le leggi, gli accordi, i principi e le istituzioni che hanno consentito il suo successo, la Cina li compromette», si legge nell’accusa molto dura lanciata da Blinken contro Xi Jinping, da leggere nell’ottica più ampia del progetto avviato da Washington, l’Indo-Pacific Economic Framework, un piano di investimenti per aumentare la presenza americana nell’area asiatica e soprattutto per limitare l’espansionismo cinese. Tracciando un parallelo tra la guerra in Ucraina e i timori per il futuro della Cina, il Segretario di Stato americano conclude «Anche se la guerra del presidente Putin continua, restiamo concentrati sulla sfida più seria di lungo termine all’ordine internazionale, che è quella posta dalla Cina. L’ampiezza della sfida posta dalla Cina sarà un test per la democrazia americana». Per Blinken, gli Stati Uniti «competeranno con la Cina per difendere i nostri interessi e costruire la nostra visione del futuro».
CINA, LA CASA BIANCA “CORREGGE” BIDEN DOPO LE FRASI SU TAIWAN
L’intervento del Segretario di Stato Blinken arriva poche ore dopo la “correzione” operata dalla Casa Bianca alle parole del Presidente Biden sulla grave situazione a Taiwan.
Durante una conferenza stampa da Tokyo con il Premier giapponese, il leader Dem aveva sollevato un polverone enorme contro la Cina spiegando «siamo pronti ad usare la forza in caso di invasione», e ancora «siamo pronti all’interno di truppe». Immediata la replica del portavoce del ministero Esteri Wang Wenbin che considera l’attacco di Biden un affronto gravissimo, «Vorrei ricordare agli Usa che non c’è forza al mondo, compresi gli Usa, che possa fermare il popolo cinese dal raggiungimento della completa riunificazione nazionale». Oltre alle “parole”, Pechino ha risposto ieri con i fatti alla “gaffe” di Biden, muovendo esercitazioni militari nelle acque e nei cieli attorno a Taiwan: «è un avvertimento solenne agli Usa di fronte alla collusione con Taipei», fa sapere il portavoce del Comando orientale dell’Esercito popolare di liberazione, il colonnello Shi Yi, aggiungendo «Le azioni degli Usa sono ipocrite, inutili e porteranno a una situazione pericolosa». Dai media americani si scorge come tanto Blinken quanto la Casa Bianca abbiano tentato di “ricomporre” le parole di Biden rilanciando in una nota pubblica: «la politica degli Usa non è cambiata. Biden ha reiterato la nostra politica dell’unica Cina e il nostro impegno alla pace e alla stabilità nello Stretto di Taiwan». Arriva intanto il parere della Cia che si aggiunge al clima infuocato sull’asse Usa-Cina: la guerra in Ucraina scatenata dalla Russia, «ha influenzato i calcoli cinesi su Taiwan, ma non la sua determinazione sulle azioni future. Pechino sta studiando attentamente il conflitto in Ucraina», conferma il capo della Cia, William Burns.