In Italia non si era mai visto: l’indicazione di due nuovi ministri e la nascita di un dicastero, annunciati in diretta televisiva dal presidente del Consiglio. Così, quasi assumendo un ruolo “super-presidenziale”, Conte ha inteso mettere rapidamente la sordina ad una vicenda politica potenzialmente esplosiva. Quella scaturita dalle dimissioni, a lungo annunciate ed infine presentate, del ministro Fioramonti. Per tacitare le fibrillazioni all’interno della maggioranza e del quadro politico-partitico pre-elettorale, occorreva dare un taglio netto, e così è stato.
Anzi, nel circuito mediatico gli “auspici” del presidente del Consiglio si sono immediatamente trasformati in realtà: la sottosegretaria, indicata da Conte, è ormai considerata ministra dell’Istruzione, così come il rettore della Federico II di Napoli, proposto da Conte per il nuovo ministero, è già assurto al ruolo di ministro dell’Università e della Ricerca. Peccato che manchino alcuni indispensabili dettagli: i due decreti presidenziali con il quali il capo dello Stato nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio; e il decreto-legge, approvato dal Consiglio dei ministri, per scorporare il nuovo dicastero dal Miur, preoccupandosi pure di individuare le risorse finanziarie ad hoc.
In vero, non sarebbe solo questione di regole, ma anche di riserbo e di correttezza istituzionale. E se il presidente della Repubblica avesse qualcosa da obiettare, in virtù dei poteri anche recentemente rivendicati proprio in tema di nomina dei ministri? E se in Consiglio dei ministri si levasse qualche voce contraria al “ritorno al futuro” rappresentato dalla rinascita del ministero dell’Università e della Ricerca?
La sicurezza mostrata da Conte durante la conferenza-stampa suggerisce che il Colle sia informato. E ciò trova conferma proprio nell’assenza di una qualunque reazione da parte del Quirinale. Infatti, nel caso non vi fosse stata una qualche intesa preventiva, qualunque capo dello Stato avrebbe reagito con durezza ad anticipazioni collegate a funzioni di diretta competenza del presidente della Repubblica.
Qualche dubbio, invece, può essere sollevato circa la posizione degli altri partiti della coalizione: sono già ed unanimemente concordi sulle soluzioni prospettate in diretta televisiva dal presidente del Consiglio? Chi può escludere, invece, che con queste anticipazioni si sia voluto porre tutti davanti ad un fatto compiuto, dato che nessuno, adesso, ha la capacità di opporsi, a rischio di veder crollare tutta l’impalcatura di governo e di precipitare nel gorgo delle elezioni anticipate?
In definitiva, la conflittualità della maggioranza parlamentare sul fronte interno, e il quadro internazionale frantumato e corroso, non costituiscono ostacoli insormontabili per il presidente del Consiglio, perché la sua forza politico-istituzionale si fonda essenzialmente sulla stretta intesa con il Quirinale. Fin quando ciò resterà fermo, il presidenzialismo di Conte risulterà vincente. Quando verrà meno il reciproco sostegno, si tornerà a navigare a vista.