Si attende ancora la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto rilancio, approvato la scorsa settimana dal Governo. Quello che può sembrare un mero atto formale ha conseguenze importanti, in particolare, come viene ricordato da Cesare Pozzoli, avvocato del lavoro, per quel che riguarda la proroga del blocco dei licenziamenti.



Il decreto legge “Aprile”, poi rinominato “Rilancio”, è stato approvato dal Consiglio dei ministri mercoledì scorso e in questi giorni circolano varie “bozze”. Ma è già in vigore?

Purtroppo no. Nonostante l’annuncio dell’approvazione in Consiglio dei ministri e la consueta conferenza stampa del presidente del Consiglio, il decreto al momento non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. E senza la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale una legge semplicemente non esiste…



Ma almeno da una settimana tutti i giornali parlano come fatto già acquisito del nuovo decreto che dovrebbe avere effetti potentissimi per il rilancio dell’Italia.

È così. Tutti i media parlano e commentano il decreto, ma si tratta di una semplice “bozza”. Io stesso, su queste pagine, ho commentato la norma riguardante la proroga del blocco dei licenziamenti per altri tre mesi, precisando che il testo è ancora provvisorio e, a rigore, potrebbe ancora subire delle modifiche. Più precisamente, la bozza “girata” questa settimana è quella del 13 maggio 2020 ore 17:00, ovvero il testo “presentato” al Consiglio dei ministri per la discussione e l’eventuale approvazione: ma si tratta di un provvedimento monstre di 256 articoli (alcuni dei quali hanno bis, ter, fino ad octies) che, in varie parti, presenta cancellature, spaziature e puntini che dimostrano che deve essere ancora completato. Ieri sera alcune testate on line hanno diffuso un’ulteriore “bozza” di decreto, sembrerebbe quella definitiva – o quasi – che da 256 passa a 269 articoli. Ma anch’essa ovviamente non è ancora pubblicata in Gazzetta.



Non è un po’ strano?

In effetti la situazione è anomala, per vari motivi: anzitutto, trattandosi di un decreto legge, dovrebbe essere motivato da “straordinarie” ragioni di “necessità e urgenza” (ex art. 77 Cost.), tali da evitare il controllo preventivo del Parlamento che è chiamato comunque a convertirlo in legge nei sessanta giorni successivi; e lo potrà fare tout court, potrà approvarlo con modifiche e potrebbe anche non approvarlo nei termini, facendolo così “decadere”. Ora un provvedimento così “urgente” che impieghi una settimana – e forse più – a essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, oltretutto dopo settimane e settimane di gestazione – si chiamava originariamente “decreto aprile” appare un po’ paradossale.

E poi?

E poi tutte le categorie produttive e moltissimi cittadini attendono da mesi questo, più volte annunciato, provvedimento che avrà effetti imponenti per il nostro Paese: dalla ricapitalizzazione di Alitalia alla proroga con modifiche della cassa integrazione, ai contributi alle imprese, all’ecobonus, al blocco dei licenziamenti fino ai “bonus” colf e baby-sitter… E ogni parola del decreto definitivo potrebbe fare la differenza. Senza dimenticare che, dopo la pubblicazione, occorreranno settimane e mesi per esaminare Circolari, FAQ, Pareri, Risoluzioni, Note a Quesito, DPCM e provvedimenti attuativi che illustreranno e chiariranno le modalità di applicazione di molte parti del decreto, che molti osservatori già ora ritengono equivoche. Sperando poi che il decreto non decada o non venga eccessivamente modificato dal Parlamento nei successivi 60 giorni durante i quali permarrà comunque per tutti uno stato inevitabile di incertezza normativa.

In effetti la situazione è molto complicata. Ma è sempre così?

Non sono un costituzionalista, ma da lavorista posso dire che questa tendenza ad annunciare decreti, qualche volta addirittura persino via “twitter” o con conferenze stampa più o meno improvvisate, per poi pubblicarli con molto ritardo, talora anche con testi modificati rispetto alle bozze ormai “date per approvate”, è una prassi che si sta consolidando. Ed è un grave problema perché questa tecnica crea confusione, affidamenti non sempre fondati e si presta a speculazioni. Si pensi all’impatto delle norme sul finanziamento alle imprese, a partire da Alitalia, sui mercati finanziari, fino al piccolo imprenditore in crisi di liquidità da parecchi mesi e che attende l’agognato finanziamento un giorno dopo l’altro.

Ma torniamo ai temi più strettamente giuslavoristici e in particolare ai licenziamenti.

Anche su questa importante materia si ripercuote la confusione e l’incertezza normativa rilevata poc’anzi sul piano generale. L’art. 46 del decreto Legge n. 18 del 17 marzo, commentato anche su queste pagine, conteneva una norma relativa al “blocco dei licenziamenti economici” per sessanta giorni dalla data del decreto e quindi sino allo scorso 16 maggio. Si trattava già di un provvedimento molto particolare e discusso che trovava un precedente storico solo nel decreto legislativo luogotenenziale n. 523 del 1945, precedente persino alla nascita della Repubblica Italiana. Il “blocco” è cessato sabato scorso e quindi, da quel momento, le aziende potrebbero tornare a licenziare. Senonché ancora una volta…c’è la famosa “bozza di decreto” del 13 maggio.

Questa “bozza” di decreto cosa dice?

La risposta presuppone il tempo futuro, “cosa dirà?”. L’ultimo testo prevede la proroga del blocco dei licenziamenti di altri tre mesi, ma a rigore per i licenziamenti intimati da domenica scorsa a tutt’oggi non vi è alcun divieto, per il che dovrebbe trattarsi di atti legittimi. E non è una cosa di poco conto posto che, secondo vari studi, gli esuberi causati da questa pandemia si misurano in centinaia di migliaia di lavoratori e questo stesso Governo in più occasioni ha proclamato di “non voler lasciare indietro nessuno”.

Secondo lei gli imprenditori licenzieranno?

Ci è stato chiesto proprio in questi giorni se è possibile farlo.

E lei che cosa ha risposto?

Ho risposto che, per prudenza, ma anche per senso responsabilità, sarebbe meglio evitare e aspettare semmai il prossimo 17 agosto (salvo ulteriori proroghe di legge): ma è un consiglio di buon senso e non anzitutto tecnico-giuridico perché allo stato, ripeto, il decreto legge “rilancio” semplicemente non esiste.

Quindi se un imprenditore avesse licenziato ieri o oggi cosa succederebbe?

È una bella domanda che si sono posti anche altri giuristi proprio in questi giorni. A rigore, il licenziamento per motivi organizzativi, laddove non sia prevista una particolare procedura ex art. 7 L. n. 604/1966 per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015, sarebbe un atto immediatamente efficace nel momento in cui viene consegnata la lettera al lavoratore ex art. 1334 cod. civ. Al contrario, tutti i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 oppure i dipendenti dalle imprese con meno di 16 dipendenti a prescindere dalla data di assunzione potrebbero invece essere licenziati con la mera consegna della lettera e con dispensa dal prestare il preavviso. Si tratta di più della metà dei dipendenti in servizio in Italia. Se poi interverrà nei prossimi giorni la fatidica pubblicazione del decreto e se il testo, sottoposto alla firma del Presidente della Repubblica, sarà uguale all’art. 83 della bozza dello scorso 13 maggio (che nel testo trapelato ieri sera è divenuto art. 80), sarà un bel problema giuridico.

In che senso?

Nel senso che, di regola e fatti quindi salvi casi eccezionali, le leggi anche ex art. 11 delle Disposizioni Preliminari al Codice Civile non dovrebbero applicarsi ai fatti compiuti sotto il vigore delle precedenti normative che, a oggi, non impediscono i licenziamenti. Ma in questo periodo tutto è possibile…

Ovvero?

Potrebbe anche accadere che venga ritenuto il valore retroattivo del decreto legge anche per i licenziamenti già attuati in questi giorni quando il “blocco” non esiste. Saremmo al di fuori dei principi ordinari e dei normali canoni giuridici, ma non mi sentirei di escludere sul piano tecnico persino questa ipotesi, che varrebbe per i licenziamenti, ma analogicamente per molte altre norme del decreto rilancio.

Secondo lei questo è un caso teorico?

Non credo, e ritengo sia verosimile che qualche licenziamento sia già stato attuato in questi giorni sul presupposto che, come ho già rilevato, purtroppo gli esuberi in Italia provocati dalla pandemia sono centinaia di migliaia. E sono curioso di vedere quale sarà l’esito giudiziario delle vertenze legali che probabilmente si apriranno. Non mancherò di tenervi aggiornati sugli sviluppi.

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