Nel corso dell’ultimo ventennio, abbiamo assistito a stravolgimenti infrastrutturali data l’evoluzione esponenziale delle tecnologie, oggi pienamente funzionali allo svolgimento della nostra vita quotidiana. 

La tecnologia blockchain, protagonista certo del prossimo ventennio, potrebbe essere definita come “l’Internet del futuro” grazie alle sue molteplici applicazioni. Difatti, il suo utilizzo è espandibile in innumerevoli settori: dalle valute alla finanza decentralizzata, dal mondo imprenditoriale alle istituzioni governative e infine dall’Internet of Things alla possibilità di creare dei veri e propri contratti digitali. Prima di procedere, risulta necessario ricordare al lettore come il concetto di criptovaluta sia notevolmente diverso da quello di blockchain: infatti, il primo è un’applicazione diretta della tecnologia medesima. Difatti, bitcoin e blockchain sono due cose separate: potremmo semplificare affermando che la blockchain sta a bitcoin come Internet sta a Google. 



L’innovazione, intrinseca in tale scienza tecnologica, è fortemente legata al concetto di decentralizzazione: sviluppo di applicazioni decentralizzate, possibilità di eseguire transazioni immutabili e, soprattutto, la rimozione di qualunque intermediario. Proprio su quest’ultimo punto occorre concentrare gran parte della nostra attenzione e del nostro stupore. Nati e cresciuti in un mondo in cui, per compiere qualunque azione, risulta necessario il passaggio e l’autorizzazione di un terzo intermediario, immaginare il medesimo luogo privo di un’autorità centralizzata e, quindi, non concentrata in pochi soggetti risulta difficile e complesso. Invece, con la tecnologia blockchain l’ecosistema sviluppato non necessita di un’entità centralizzata, bensì di un’autorità equamente distribuita tra tutti i partecipanti, in cui il concetto di intermediario viene meno essendo sostituito da un sistema incorruttibile nel quale poter conferire piena fiducia. 



Nel seguente articolo, non verrà trattato in modo meticoloso il funzionamento matematico di tale tecnologia in fase di prototipazione. Ciò, però, non deve essere d’ostacolo alla comprensione di quest’ultima, dato che l’obiettivo risulta essere l’abbattimento delle barriere conoscitive, le quali limitano fortemente la diffusione e la comprensione delle potenzialità della blockchain. 

Il concetto di blockchain emerge per la prima volta nel 2008 all’interno dell’articolo: “Bitcoin, a peer-to-peer electronic cash system” a cura di Satoshi Nakamoto. La blockchain di bitcoin si poneva, nel campo degli scambi monetari, l’obiettivo di risolvere il problema della fiducia nei confronti delle istituzioni finanziarie. Il sistema monetario, oggigiorno, necessita di una fiducia cieca da parte dei soggetti che lo partecipano. Infatti, occorre fare affidamento sulle banche affinché esse non svalutino la moneta, affinché conservino i nostri soldi e, soprattutto, dobbiamo sperare che esse non falliscano scomparendo con il nostro denaro. Inoltre, vi deve essere la speranza che la nostra privacy sia al sicuro, concetto molto dibattuto negli ultimi anni, e che nessun ladro d’identità possa svuotare i nostri conti correnti. Occorre, dunque, chiedersi: cosa accadrebbe se potessimo trasferire la nostra fiducia a un sistema matematico creato appositamente per essere incorruttibile? 



Uno degli scopi della blockchain è quello di memorizzare informazioni di qualunque tipo: da una transazione di un bene, monetario o non, a interi programmi, i cosiddetti smart contract (oggetto di un futuro articolo).

La blockchain può essere identificata come un grande libro mastro digitale, decentralizzato e distribuito su un network, il quale è strutturato come una catena di registri, i cosiddetti “blocchi”, responsabili dell’archiviazione dei dati. Per spiegarsi meglio, prendiamo come esempio il registro delle imprese: in caso di costituzione di un’impresa occorre munirsi di un atto costitutivo previo deposito presso il registro medesimo a cura di un notaio. Dunque, vi sono numerosi ostacoli: la ricerca di un soggetto adibito alla attività notarile, il dispendio monetario necessario per il pagamento di quest’ultimo e, infine, l’incertezza in merito alla custodia di tale registro, il quale è facilmente modificabile e attaccabile da soggetti in malafede. 

Nel caso della blockchain è presente un registro pubblico decentralizzato, costituito da numerosi “blocchi”, all’interno del quale è possibile aggiungere nuovi “blocchi” di informazioni, ma risulta impossibile modificare o rimuovere i blocchi precedentemente creati. Il concetto, dunque, è simile a quello di un database, ma allo stesso tempo estremamente diverso rispetto a quest’ultimo. Infatti, mentre in un database è possibile inserire, modificare e rimuovere i dati, al contrario nel “ledger digitale”, ovvero come d’ora in poi verrà identificato il libro mastro digitale prima esplicato, è possibile solo l’aggiunta di nuove informazioni grazie alla decentralizzazione, alla crittografia e ad altri numerosi fattori. 

Per riassumere, in una infrastruttura blockchain, il “ledger digitale” è strutturato come una catena di blocchi dove ognuno di essi risulta essere responsabile della memorizzazione di informazioni. Ogni blocco che si succede al precedente è strettamente connesso al blocco antecedente la creazione di quello successivo. Tale sequenzialità garantisce la completa sicurezza e l’immodificabilità della catena di blocchi: qualora un blocco dovesse essere modificato, il successivo non lo riconoscerebbe creando un campanello d’allarme abbastanza evidente. 

Inoltre, come già evidenziato, la blockchain presenta una rete decentralizzata dove le informazioni o risorse sono distribuite e replicate in tutti i nodi della rete che la compongono; non essendovi un unico soggetto che possiede, in via esclusiva, tutte le informazioni, non è possibile creare un singolo punto di fallimento della rete. Al fine di semplificare, se si volesse manomettere un “ledger digitale”, caratterizzato da un sistema decentralizzato, sarebbe necessario spegnere contemporaneamente tutti i nodi (partecipanti) che lo compongono. Pensando a infrastrutture composte da almeno 10.000 nodi risulta intuitivo comprendere come ciò sia impossibile. 

Per concludere, il percorso che si sta intraprendendo è il rifiuto dell’autorità centrale, preferendo un sistema caratterizzato da uguaglianza, fiducia incondizionata nel prossimo e pieno consenso di tutti i partecipanti alle decisioni prese. Perché affidare a un unico soggetto il potere di definire le regole del sistema? Perché lasciare decidere a tale autorità cosa sia giusto e cosa sbagliato?

Abbiamo il diritto di essere resi partecipi del sistema in cui viviamo e operiamo, nessuno può avere il potere di negarci tale diritto: benvenuti nel mondo Blockchain. 

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