Il sistema di fact checking di Facebook fa acqua. A sferrare il duro attacco al social network di Mark Zuckerberg è il British Medical Journal, rivista medica britannica pubblicata dalla British Medical Association. In un articolo spiega cos’è successo: una delle sue indagini è stata erroneamente etichettata con la dicitura «contesto mancante» e censurata. Tutto è partito da quando il 3 novembre 2021 un dentista israeliano in pensione, Howard Kaplan, ha pubblicato tale inchiesta in un gruppo privato su Facebook. In questo lavoro si denunciavano le cattive pratiche di sperimentazione clinica a Ventavia, società di ricerca a contratto che aiuta Pfizer a portare avanti la sperimentazione sul vaccino anti Covid. L’articolo ha generato un traffico record per BMJ, inoltre è stato anche condiviso su Twitter. Una settimana dopo, però, Kaplan ha ricevuto un messaggio da Facebook, in cui gli chiedevano di cancellare il post, altrimenti avrebbero reso i suoi post meno visibili. Ma non è stato l’unico utente ad avere questo problema, infatti sono cominciate le segnalazioni da parte dei lettori di BMJ riguardo la censura di Facebook.



«Negli ultimi due mesi lo staff editoriale della rivista ha navigato senza successo nell’opaco processo di appello, e ancora oggi la loro indagine rimane oscurata su Facebook», scrive ora la rivista scientifica ricostruendo quanto accaduto. Anche perché questa vicenda suscita serie preoccupazioni riguardo il lavoro di fact checking svolto da Facebook. Dal 10 novembre, comunque, per alcuni lettori di BMJ era impossibile condividere l’inchiesta su Facebook, ad altri invece spuntata l’avvertimento “Missing context… Independent fact-checkers say this information could mislead people“, che altro non vuol dire che “Contesto mancante. I fact-checkers indipendenti dicono che questa informazione potrebbe indurre in errore le persone“.



“NOSTRA INCHIESTA VERITIERA E REVISIONATA”

Il British Medical Journal ha anche raccontato che in un gruppo privato di persone che sostengono di aver avuto eventi avversi neurologici a lungo termine dopo la vaccinazione, gli amministratori hanno ricevuto un messaggio da Facebook che li informava che un post che si collegava all’indagine di BMJ era «parzialmente falso». Quindi, i lettori venivano indirizzati a un fact check di Lead Stories, una delle società di debunking sotto contratto con Facebook negli Stati Uniti. In tale articolo, però, si precisava che nessuna delle criticità evidenziate dall’informatore di BMJ avrebbe «squalificato» i dati raccolti dal principale studio sul vaccino Pfizer. L’azienda americana dal canto suo aveva informato di aver intrapreso azioni per «correggere e rimediare» dove necessario, ribadendo che i dati non erano invalidati e che lo studio restava integro. Anche se non era emerso alcun errore nel lavoro svolto da BMJ, l’inchiesta è stata intitolata da Lead Stories “Fact Check: Il British Medical Journal non ha rivelato rapporti squalificanti e ignorati di difetti nella sperimentazione del vaccino Pfizer COVID-19“. Inoltre, la rivista è stata descritta come un «blog di notizie» e compariva uno screenshot con un timbro a conferma della revisione effettuate, nonostante non fosse identificato nulla di falso o inesatto. «Lead Stories non ha menzionato che l’indagine era stata sottoposta a revisione esterna, nonostante ciò fosse dichiarato nell’articolo», precisa il British Medical Journal, che ha contattato Lead Stories chiedendo di rimuovere il loro articolo. L’autore ha rifiutato e risposto che la società non è responsabile delle azioni di Facebook.



LA RISPOSTA DI META ALLA LETTERA APERTA

Dopo aver ricostruito il lavoro svolto per redigere l’inchiesta, il British Medical Journal ha chiarito di essersi rivolto anche all’International Fact-Checking Network (IFCN), gestito da una scuola di giornalismo, i cui donatori comprendono anche Facebook e Google. IFCN stabilisce gli standard di qualità delle organizzazioni di fact checking e crea una lista verificata di aziende che soddisfano tali standard, tra cui Lead Stories. Ma il Poynter Institute for Media Studies ha rimandato BMJ a Facebook. A dicembre, quindi, la rivista medica ha scritto una lettera aperta a Mark Zuckerberg, definendo il fact checking di Lead Stories «inaccurato, incompetente e irresponsabile». Quindi, è stato chiesto di rivedere l’avvertimento posto sull’articolo di BMJ, oltre che i processi che hanno portato a ciò e all’approccio generale al fact checking. Ma è arrivata una risposta da Meta che fornisce una pagina di suggerimenti in cui si spiega che gli editori possono appellarsi direttamente all’organizzazione di fact checking entro una settimana dalla notifica. «I fact checker sono responsabili della revisione dei contenuti e dell’applicazione dei rating, e questo processo è indipendente da Meta». Quindi, Lead Stories rimbalza BMJ verso Facebook, che a sua volta rimbalza la rivista verso Lead Stories. E se il ricorso viene respinto, non c’è nient’altro da fare.

BMJ “PERCHÈ FACEBOOK AGISCE IN QUESTO MODO?”

Il problema è che tali organizzazioni potrebbero essere accusate di parzialità e gruppi terzi potrebbero trovarsi a detenere un potere molto grande e importante. Peraltro, Lead Stories ha attaccato apertamente sui social British Medical Journal perché tale inchiesta sarebbe stata usata dai no vai per la loro propaganda, come se fosse una sua responsabilità. Mentre prevede di appellarsi all’Oversight Board di Facebook, un panel indipendente di 20 persone da tutto il mondo che può decidere se Facebook deve permettere o rimuovere contenuti specifici, BMJ avverte: «Dovremmo essere tutti molto preoccupati che Facebook, una società multimiliardaria, stia effettivamente censurando il giornalismo pienamente controllato che sta sollevando preoccupazioni legittime sulla condotta degli studi clinici». Queste le parole di Kamran Abbasi, redattore capo della rivista scientifica britannica: «Le azioni di Facebook non impediranno alla BMJ di fare ciò che è giusto, ma la vera domanda è: perché Facebook sta agendo in questo modo? Cosa sta guidando la sua visione del mondo? È l’ideologia? Sono gli interessi commerciali? È l’incompetenza? Gli utenti dovrebbero essere preoccupati che, nonostante si presenti come una piattaforma neutrale di social media, Facebook stia cercando di controllare il modo in cui le persone pensano con la scusa del fact checking».