Il BMJ, ovvero la famosa rivista scientifica British Medical Journal, ha sollevato alcuni dubbi sugli effettivi benefici delle terapie per bloccare la pubertà nei bambini, al fine di favorire un percorso di transizione sessuale che inizi prima dello sviluppo degli attributi sessuali. Recentemente, infatti, sulle pagine del giornale è stato pubblicato un paper firmato dalla ricercatrice Jennifer Block, che ha svolto una revisione della letteratura esistente.



Insomma, dal testo pubblicato sul BMJ sembra che non vi siano effettive evidenze scientifiche che attestino l’effettivo beneficio tratto dai bambini nelle terapie per bloccare la pubertà. Non si tratterebbe tanto di effetti negativi dal punto di vista fisico, quanto piuttosto di eventuali problemi psicologici correlate ad un’interruzione precoce della produzione di ormoni, soprattutto testosterone per gli uomini e il progesterone per le donne. La revisione pubblicata sul BMJ condotta da Block sottolinea l’importanza di rivedere le terapie ormonali per i giovanissimi a cui viene diagnosticata la disforia di genere, evidenziando anche come da questo punto di vista occorra andare oltre all’approssimazione che ha caratterizzato la ricerca fino a questo punto.



BMJ: “Più danni che benefici”

Secondo quanto pubblicato dal BMJ, e citato dal quotidiano La Verità, la maggior parte delle volte le terapie per bloccare la pubertà sono basate “sull’evidenza e sono necessari dal punto di vista medico”. Una circostanza, questa, però che non corrisponderebbe effettivamente alla verità. Per spiegarlo meglio l’autrice del paper cita Mark Helfand, il quale ha postulato che uno studio basato sulle evidenze ha a suo sostegno “prove di alta qualità“.

Al contrario, evidenzia ancora il BMJ, lo stesso non avviene per le terapie ormonali per i bambini. Lo sostiene, per esempio, anche Wpath, organizzazione che si occupa proprio del benessere delle persone transessuali, che in seguito ad una revisione aveva evidenziato come le prove di benefici dal bloccare la pubertà dei bambini siano “basse”. Helfand spiega che, quindi, essendo basse, “c’è incertezza sul fatto che i benefici a lungo termine superino i danni“. Ad ora, però, sottolinea ancora il BMJ, circa 18mila minori hanno intrapreso percorsi ormonali dal 2017 al 2021, mentre nel 2022 una revisione in Florida ha evidenziato che “c’è una grande incertezza sugli effetti dei bloccanti della pubertà, degli ormoni sessuali incrociati e degli interventi chirurgici nei giovani”.