Anche Bob Dylan è stato accusato di abusi sessuali. “Sono stato per giorni al Chelsea Hotel, scrivendo Sad eyed lady of the lowlands per te”, cantava Bob Dylan in Sara, una tenera dedica d’amore alla moglie dopo un periodo burrascoso. Ma anche una piccola bugia, in quanto il celeberrimo brano citato in realtà fu scritto negli studi di Nashville, dove il cantautore premio Nobel stava registrando nel 1966 il suo disco più famoso, Blonde on Blonde. Licenze poetiche, si chiamano: evidentemente Dylan voleva citare quell’albergo di New York che in quel periodo storico era sede di poeti, artisti, cantanti, umanità varia così per darsi un tono di appartenenza anche lui a quella comunità bohémienne. In realtà, da tempo Dylan viveva nella tranquillità campagnola di Woodstock.
Perché oggi si torna a parlare di Chelsea Hotel? Per un episodio che appare incredibile, ma che purtroppo capita spesso anche alle persone famose e che mette in dubbio tutta la prosopopea di movimenti quali #metoo, cioè le azioni legali di tante donne abusate da uomini potenti del mondo dello spettacolo e che in molti casi, vedi il recente scarceramento del noto attore Bill Cosby, condannato per abusi sessuali rivelatisi poi fandonie, sono solo tentativi di estorcere soldi. Bob Dylan è appena finito in questa schiera: dopo oltre 55 anni dai presunti avvenimenti, infatti, una donna oggi di 68 anni lo ha denunciato per abusi sessuali che sarebbero avvenuti nel 1965 appunto al Chelsea Hotel, quando lei aveva solo 12 anni e Dylan, in procinto di diventare la massima star musicale al mondo, 24. Identificata solo come J.C., la denuncia è stata presentata dai suoi avvocati al tribunale di New York.
BOB DYLAN ACCUSATO DI ABUSI SESSUALI DA UNA DONNA ALL’EPOCA DEI FATTI 12ENNE
Si legge, nel documento, che nel periodo tra aprile e maggio 1965 Dylan avrebbe abusato di lei, portandola al noto hotel e approfittando del suo status per controllare la vittima “come parte del suo piano per molestarla e abusarne sessualmente”. Non è un caso, si direbbe, che la causa sia stata intentata un giorno prima della chiusura della finestra per la presentazione di reclami ai sensi del Child Victims Act dello Stato di New York. L’atto consente alle vittime di abusi di citare in giudizio i loro presunti aggressori indipendentemente dai tempi di prescrizione. Da adesso non si potranno più presentare accuse di questo tipo, che risalgano cioè a un periodo così lontano.
“Bob Dylan, per un periodo di sei settimane tra aprile e maggio del 1965 ha stretto amicizia e ha stabilito una connessione emotiva con il querelante”, affermano i documenti, che sono stati depositati venerdì sera per conto di JC, donna di Greenwich, nel Connecticut. Nella denuncia si legge che Dylan avrebbe stabilito la “connessione” per “abbassare le inibizioni [di JC] con l’obiettivo di abusarne sessualmente, cosa che ha fatto, insieme alla fornitura di droghe, alcol e minacce, di violenza fisica, lasciandola emotivamente sfregiata e psicologicamente danneggiata fino ad oggi”. Le ricadute di cui ha sofferto, si legge ancora – tra cui depressione, umiliazione e ansia – “sono di natura permanente e duratura e hanno impedito alla querelante di partecipare alle sue normali attività”, afferma la causa. J.C. ha portato accuse di aggressione, percosse, falsa detenzione e inflizione di stress emotivo contro Dylan.
BOB DYLAN E LA SUA VITA PRIVATA
Che il cantautore simbolo del movimento per i diritti civili, autore delle più belle e sentite canzoni della storia del Novecento non fosse uno stinco di santo con le donne, si sapeva. Dopo aver lasciato la sua fidanzata Suze Rotolo incinta, lei abortì il figlio che aspettavano, visto il suo abbandono. Dopo una lunga relazione con Joan Baez, si unì alla futura moglie Sara senza neanche dire alla collega che aveva iniziato un nuovo rapporto. Le storie d’amore fatte di tradimenti sono state innumerevoli nella sua vita: il matrimonio stesso finì quando un giorno portò a casa, presente la moglie e i figli, l’amante. Siamo tutti un po’ così, in fondo, ma da qui a parlare di abusi sessuali su una minorenne ce ne corre.
C’è infatti un piccolo particolare che gli avvocati della querelante non hanno tenuto da conto, il che la dice lunga di come questa storia e tante altre siano montature mal costruite per cercare di spillare soldi a un miliardario: nel periodo contestato, aprile e maggio 1965, Bob Dylan era in tour in Inghilterra, tutto per di più ben documentato dal famoso documentario Don’t look back del regista D.A. Pennebaker. Insomma, per citare ancora Dylan, qualcosa a cui è ben abituato da sempre, “stanno seminando storie sulla stampa, chiunque sia, vorrei che la smettesse in fretta, ma quando lo faranno posso solo indovinare”.