Se non fosse per l’emerita Bootleg Series, gli album dal vivo di Bob Dylan nel corso della sua discografia ufficiale, sarebbero pochissimi, appena sei, nel corso di una carriera lunga sei decenni. Tra l’altro, si fermerebbero al 1995, quando uscì Mtv Unplugged. In realtà un disco dal vivo era stato preparato già nel 1963 con tanto di copertina, con registrazioni dell’aprile e dell’ottobre 1963 a New York, ma per qualche motivo venne messo nel cassetto. Diversi brani di quei concerti saranno distribuiti in vari Bootleg Series e nel 2005 verrà pubblicato un mini album di soli sei pezzi tratti unicamente dal concerto alla Carnegie Hall.
Appena la punta di un iceberg di una attività che invece lo assorbe ancora oggi in maniera totale, con migliaia di concerti a partire da quando, nel giugno 1988, diede vita al Never Ending Tour, ma neanche rappresentativi di quella che, per alcuni, è la parte più significativa della sua proposta artistica. Almeno fino a qualche anno fa, infatti, non c’erano due concerti uguali di Bob Dylan, che incessantemente ha sempre riproposto versioni diverse delle sue canzoni e scalette completamente differenti anche da una sera all’altra. Per Dylan, infatti, come ha detto lui stesso, “le canzoni che ho registrato non sono la forma definitiva, sono solo un canovaccio da cui partire per intraprendere nuove strade”. Artista inquieto, sperimentatore, ha sempre cercato di arrivare, come dice una sua canzone, a quel punto in cui “dipingerò il mio capolavoro”. Inoltre, prima del NET, ogni nuovo tour era una proposta musicale differente: dal folk, al rock’n’roll, al gospel, al blues, ha esplorato a fondo ogni angolo della musica americana. Poi queste espressioni sono finite tutte insieme in un approccio che si è allargato anche alla sofisticata canzone pop dei crooner alla Frank Sinatra. Il motivo della riluttanza di Dylan a pubblicare dischi dal vivo è dovuto alla concezione di se stesso, essenzialmente un musicista folk: fatto un concerto, si passa al successivo. E’ tutto in divenire, non ha senso, per lui, fermare quanto fatto in una registrazione. E’ tutta improvvisazione di cui deve godere chi ha la fortuna di assistere a quel determinato show. Poi, come accennato, la sua casa discografica, ha cominciato a pubblicare retrospettive live del passato e lì tutti hanno potuto toccare con mano quale artista immenso sia stato Bob Dylan sul palcoscenico. Ecco dieci delle sue più interessanti pubblicazioni live.
1. The Bootleg Series Vol. 4: Bob Dylan Live 1966, The “Royal Albert Hall” Concert (1998)
Nella storia della musica del 900 esiste un prima, quando Bob Dylan era un folksinger, e un dopo, quando diventa il rocker più devastante al mondo. Dopo quel luglio del 1965 quando a Newport si esibisce per la prima volta con un gruppo, la musica rock cambierà per sempre. Accompagnato dai The Hawks di Robbie Robertson, Dylan sfida il mondo dei puristi folk e della sinistra libertaria che lo accusano di essersi venduto, accogliendolo ogni serata a fischi e lanci di oggetti. Lui non se ne cura, perché sa di aver ragione. Questo concerto, a lungo indicato erroneamente come tenutosi a Londra, in realtà è quello del 17 maggio 1966 alla Free Trade Hall di Manchester dove si assiste all’apice di questo scontro. Uno spettatore gli grida “Giuda!”. Lui gli risponde “Non ti credo” e poi rivolgendosi ai suoi musicisti urla: “Suonate fottutamente forte”. E ogni protesta viene sommersa e annichilita dal più grande rock’n’roll che gli spettatori di ogni epoca potranno mai sentire.
2. Hard Rain (1976)
Alla fine dell’anno precedente, Dylan attraverso la costa Est degli Stati Uniti con un carrozzone di vecchi amici della stagione folk degli anni 60 nel tentativo di recuperare il contatto con la sua origine. Sono alcuni dei suoi più bei concerti di sempre in cui riprende in mano la sua statura artistica. L’anno successivo, con gli stessi musicisti, cambia totalmente approccio: la musica diventa glam, punk, acida, devastante, drogata: è Shakespeare sul palcoscenico. La foto in copertina dice tutto di un Dylan sconvolto e sconvolgente. L’unica pecca di questo disco è che non sia stato pubblicato doppio, anzi triplo.
3. The Bootleg Series Vol. 5: Bob Dylan Live 1975, The Rolling Thunder Revue (2002)
Poesia allo stato puro, una carovana di zingari che si presenta nelle città senza pubblicità, esibendosi nei luoghi più strani, dal carcere alle riserve indiane. Per l’occasione Dylan assembla una band di musicisti di ogni tipo, addirittura l’ex chitarrista di David Bowie, Mick Ronson, e per la prima e unica volta nella sua carriera presenta dal vivo un disco che deve ancora essere pubblicato, Desire. E’ la Rolling Thunder Revue, un circo vaudeville che esula da ogni logica del marketing dell’intrattenimento. Bob Dylan si riconcilia finalmente con il suo passato e con il suo pubblico e sfodera alcune delle sue performance più eccitanti di sempre, tra folk e rock.
4. Live at The Gaslight 1962 (2005)
Quando era ancora un folksinger tra i tanti. Questa registrazione che risale all’ottobre 1962, nel periodo tra la pubblicazione del primo album e quello della consacrazione, The freewheelin’, lo vede all’opera nel club più “cool” del Greenwich Village, dove tutti gli aspiranti esponenti del folk revival cercavano la luce della ribalta. Ampiamente bootlegato sin dal 1973, contiene dieci pezzi, tra brani originali e vecchi tradizionali. E’ il cantante di protesta, e tra John Brown e Hard Rain, allo stesso tempo il ricercatore appassionato della Repubblica Invisibile, con toccanti rendizioni come Barbara Allen e Moonshiner. Un disco che è un “must have” per qualunque serio collezionista.
5. The Bootleg Series Vol. 13: Trouble No More 1979–1981 (2017)
Solo parzialmente dal vivo in quanto questo cofanetto di otto cd e un dvd contiene molti brani in studio relativi al cosiddetto periodo “religioso” (1979-81) presenta però ben quattro concerti (non integrali) del 1980 e del 1981 più altre tracce dal vivo anche del 1979. E’ un Dylan totalmente in stato di grazia, colto dal sacro fuoco spirituale, che si getta totalmente nel gospel e nell’R&B con risultati strabilianti. Molti brani a sua firma non verranno mai pubblicati in studio, altri sono tradizionali della black music. Dylan fa fuoco e fiamme, accompagnato da una band e da coriste superlativi.
6. Before the flood (1974)
Il “comeback tour”: Bob Dylan torna ai concerti dopo ben otto anni di assenza, in cui ha cercato di superare il trauma delle contestazioni del 1966. Lo fa con gli stessi musicisti di allora, diventati adesso The Band, uno dei gruppi più importanti della scena rock. E con loro scatena rabbia e violenza vendicative su un pubblico attonito e adorante. Ogni brano è una scarica di mitragliatrice, una battaglia senza quartiere: Dylan e compagni non prendono prigionieri, non si esce vivi da qua. “Combattemmo una buona battaglia nel 66, ma abbiamo vinto la guerra nel 74” dirà Robbie Robertson.
7. MTV Unplugged (1995)
Bob Dylan non si sottrae alla moda del momento, i concerti acustici per la televisione musicale più importante. Avrebbe voluto però cantare vecchi brani tradizionali, ma Mtv lo obbliga a una carrellata di successi e si sente la noia che traspare ad esempio in Knockin’s on heaven’s door o in una Like a rolling stone che sbanda da tutte le parti. Altrove il risultato è magnifico e succede con le cose più antiche e preziose, come John Brown e With God on our side. E’ l’unica documentazione ufficiale con una delle band che lo hanno accompagnato nel NET, una delle migliori: John Jackson alla chitarra, Bucky Buxter alla pedal steel e mandolino, Winston Watson alla batteria. Ospite speciale alle tastiere il produttore di Pearl Jam e Springsteen, Brendan O’Brien.
8. Real live (1984)
L’unico tour della sua carriera che tocca esclusivamente l’Europa trascurando gli Stati Uniti, appare deludente nella prima fase (tra cui l’Italia, paese dove si esibisce per la prima volta), ma acquista sempre più vigore nel corso delle serate. Accompagnato da un’ottima band di veterani del british blues tra cui l’ex chitarrista dei Rolling Stones, Mick Taylor, Dylan è in forma smagliante, soprattutto nei brani acustici, eseguiti con immenso trasporto. Avrebbe dovuto essere un doppio album, perché tante furono le performance entusiasmanti.
9. The Bootleg Series Vol. 6: Bob Dylan Live 1964, Concert at Philharmonic Hall (2004)
Conosciuto come il concerto di Halloween perché si tenne la sera del 31 ottobre 1964, ampiamente conosciuto nel giro delle pubblicazioni pirata, contiene l’intero show alla Philarmonic Hall di New York compresi alcuni duetti con Joan Baez, allora sua compagna nella vita e nella musica. Sebbene Dylan dentro di sé stesse già virando verso la fase rock, il concerto lo documenta in maniera perfetta al picco della sua abilità acustica: il repertorio infatti attinge in prevalenza dalle sue canzoni cosiddette di protesta, presentando un coinvolgimento totale con il suo pubblico, con il quale parla e scherza. Dylan però anticipa la futura svolta con ad esempio Mr. Tambourine Man dove spicca la nuova visionarietà di stampo psichedelico. Resta un documento imprenscindibile di un momento storico indimenticabile.
10. Dylan and the Dead (1989)
A dimostrazione di quanto poco gliene freghi delle sue esibizioni live una volta finite, il disco viene lasciato totalmente in mano altrui ed è una brutta rappresentazione di quello che fu invece un tour molto interessante: il più grande songwriter d’America con la più grande rock band americana. Esistono bootleg che mostrano quante eccellenti performance ci furono, come la prima esibizione live dal 1963 di John Brown. Nel disco pubblicato, spicca la bella resa di Queen Jane aproximately, mai eseguita prima dal vivo, di Slow Train e di All along the watchtower. Un peccato. Come è un peccato che per motivi di mancato accordo tra case discografiche, non sia mai stato pubblicato un disco dei due tour con Tom Petty and the Heartbreakers, semplicemente fantastici.