Bob Marley è morto l’11 maggio del 1981 a 36 anni ucciso da un cancro, sono passati esattamente quarant’anni da quel tragico giorno. Nonostante gli anni intercorsi, oggi è riconosciuto sempre come il re del reggae, e la sua musica ancora ispira tantissimi artisti in tutto il mondo. Fu nel 1964 che ottenne la fama mondiale quando decise di formare i The Wailers con Bunny Livingston e Peter Tosh. Insieme suonavano ovunque in giro per il mondo e pubblicavano dischi con il nome Bob Marley & The Wailers.



Il melanoma maligno che ha causato la morte di Bob Marley fu scoperto dopo una partita di calcio, durante la quale il cantante si infortunò staccandosi l’unghia dell’alluce destro. Su quel dito aveva già una ferita che però pensava si fosse procurato proprio giocando a pallone, ma la diagnosi non lasciò scampo. A quel punto alcuni medici gli consigliarono di amputare l’alluce, mentre altri solo il letto dell’unghia. Bob Marley scelse la seconda opzione restando fedele alle sue credenze (era rastafariano, religione che non contempla la possibilità di alterare il corpo in alcun modo), purtroppo però il melanoma non fu curato del tutto e si espanse fino al cervello.



Bob Marley, la musica ha vinto la malattia che lo ha ucciso

Le canzoni di Bob Marley & The Wailers trattavano temi quali l’uguaglianza, la lotta contro l’oppressione politica e razziale, l’invito all’unificazione dei popoli di colore. Era questo per loro l’unico modo per raggiungere la libertà, e questi messaggi resero Bob Marley un leader spirituale, religioso e anche politico. Fu un evento storico il One Love Peace Concert, il concerto organizzato dall’artista per cercare di fermare la guerra civile politica che colpiva la Giamaica. In quell’occasione convinse i due principali esponenti politici, Michael Manley ed Edward Seaga, a stringersi la mano. Le sue ultime parole furono rivolte al figlio Ziggy, gli disse: ‘’Money can’t buy life’’, ossia ‘’I soldi non possono comprare la vita’’.



Il 23 settembre 1980 tenne il suo ultimo concerto a Pittsburgh allo Stanley Theater. Portò inoltre a termine una intera tournée estiva in giro per le principali città europee, rimangono iconici i concerti tenuti a Dortmund il 13 giugno davanti a circa 40.000 persone, quello allo Stadio Comunale di Torino il 28 giugno con altrettanti 40.000 spettatori. Indimenticabile il suo più grande live, avvenuto proprio qui in Italia, allo Stadio San Siro di Milano con oltre 80.000 fan. Tornato in America ebbe un collasso facendo jogging e a seguito di un consulto medico scoprì che la malattia non era più trattabile, si era ormai diffusa anche ai polmoni e al fegato. Una delle ultime cose che fece prima di morire è stata quella di tagliarsi i dread.