Bob Sinclar si è raccontato in una intervista concessa a Il Fatto Quotidiano: l’occasione è stata la pubblicazione del singolo I’m on my way, con la collaborazione del giamaicano Omi, che minaccia di essere la grande hit dell’estate. “Ma non è concepito per far sballare folle oceaniche” ha detto il dj francese, che ne ha invece parlato come di un gospel che si potrà cantare in chiesa, in sinagoga e in moschea. Parole che invitano all’unità: “E’ questo il nostro vero potere, non creare disordini senza scopo”. Il riferimento è a quanto accaduto negli Stati Uniti, la morte di George Floyd per mano di un poliziotto a Minneapolis. E’ il tema del momento, il ritorno di grandi polemiche che già quattro anni fa avevano colpito il Paese con le manifestazioni al coro di “Black lives matter”. Per Sinclar però la violenza è inutile: “Se la tua risposta è quella hai perso”, per lui il poliziotto va mandato in galera per 20 anni perché il problema è suo.
BOB SINCLAR: “NON SUONEREI PER TRUMP MA…”
Da qui, a un possibile concerto per Donald Trump: Sinclar dice che intanto il presidente Usa non lo inviterebbe e che in ogni caso lui non ci andrebbe a meno che non sia per un evento di beneficenza, “magari per i diritti dei neri”. Però, subito dopo, aggiunge anche di lasciarlo lavorare essendo stato votato, “magari tra due anni lo cacciano democraticamente”. Nessun concerto per Trump, ma nel 2006 era sul palco per festeggiare la vittoria di Nicolas Sarkozy: Bob lo ricorda, dice di non aver potuto rifiutare perché era il suo Paese che lo chiamava, un Paese che sul presidente riponeva grandi speranze. “Fu sfortunato, era duro reggere il timore durante la crisi”. Bob Sinclar ha poi affrontato altri temi: per esempio il lockdown da Coronavirus, durante il quale per un’ora al giorno, ogni pomeriggio, ha proposto musica diversa in diretta Instagram. “Sono in tour da quando avevo 25 anni, mi sono ritrovato blindato come tutta Parigi. Meglio pompare suoni che cucinare troppo” ha detto.
Anche perché, come ricorda l’intervistatore, Bob Sinclar avrebbe potuto diventare uno sportivo: il dj ammette che da giovane sognava una carriera come quella di Adriano Panatta, oggi ammira Marco Cecchinato ma adora Roger Federer, “lo svizzero che sembra italiano”. Tennis quindi, non calcio: gli dicono che somiglia a Francesco Totti, ma “quanto a tocco di palla faccio schifo”. In conclusione, anche un aneddoto sulla collaborazione con Raffaella Carrà in Far l’amore, poi entrata nella colonna sonora di La grande bellezza. “Non sapevo chi fosse, un mio collega italiano mi disse che ero pazzo. Una donna incredibile e genuina” racconta il dj francese, che confessa anche di come si sia sentito fiero al vedere la sequenza iniziale del film. “Sorrentino mi ha fatto capire meglio il mio lavoro: quella scena era un ponte fra due generazioni, e la mia musica le aveva saldate”.