Da quando ha ritrovato sua figlia Veronica Satti, Bobby Solo è un padre attento e premuroso. Il cantante non perde mai occasione di passare del tempo con la sua amata primogenita e quando può cerca di recuperare insieme a lei il tempo perduto. Di recente, la sua vicinanza è servita inoltre a lenire le ferite dei sua figlia, che, così come si legge su Fanpage.it, qualche tempo fa ha vissuto un periodo di grande dolore. “In quest’ultimo periodo sono caduta nuovamente nel baratro”, avrebbe detto infatti la figlia di Bobby Solo sui social parlando dell’autolesionismo. La Satti, però, stavolta ha potuto affrontare i suoi mostri grazie al supporto di suo padre, che ha immediatamente preso in mano la situazione chiedendole di raggiungerlo: “mio papà mi ha detto subito di correre da lui. Devo ringraziarlo di cuore perché se adesso sto meglio è grazie a lui, alla compagna Tracy e a mio fratello Ryan”. Secondo Veronica Satti, infatti, “tutto il dolore del passato non era solo dovuto alla mancanza paterna, e anche se fosse lui così si è davvero riscattato e si è preso cura di me in tutto e per tutto”. (Agg. di Fabiola Iuliano)



“Il macello legale” per “Dieci ragazze”

“Che storia, Una lacrima sul viso“. Quando ne parla, il suo tono è ancora nostalgico. Bobby Solo deve in parte a Mogol il successo più importante della sua carriera, quello col quale ha esordito nel 1964 al Festival di Sanremo e che gli ha permesso di scalare la vetta di tutte le classifiche, italiane e non. Questa sera lo ripropone all’interno di Una serata… Bella per te, Mogol!, lo spettacolo in onda su Rete 4 che ha come obiettivo quello di ripercorrere la carriera del grande paroliere. Lo farà attraverso testimonianze e racconti che lo riguardano, col sottofondo delle sue canzoni e di quei testi che hanno fatto la storia. Nel corso della serata, Solo si esibirà sulle note di Dieci ragazze, brano che ha preso in prestito dal repertorio di Lucio Battisti. Ma soprattutto dirà grazie a Mogol, a Giulio, senza il quale – forse – non avrebbe raggiunto i traguardi che ha raggiunto. “Prima di allora avevo fatto solo due concerti in licei a Milano”, ha raccontato anni fa a Repubblica. “Ma avevo scritto questa canzone, che non potei neanche firmare perché ero minorenne, e non le dico il macello legale per riavere i diritti e la firma, ci riuscii solo nel 1991 grazie a Red Ronnie”. Il brano fu poi perfezionato dalla penna esperta di Mogol.



Bobby Solo, Little Tony e Claudio Villa

Gli anni 60 sono stati (anche) gli anni di Bobby Solo e Little Tony. Nessuna rivalità, tra loro, anzi: “Noi eravamo entrambi gli Elvis italiani, ma lui aveva più canzoni di successo, faceva le mosse molto meglio e stava sul palco divinamente. Siamo stati complici e amici, altro che nemici. E se cantavamo assieme a prendere i soldi mandava me, senza regole e sfrontato. Quanto mi manca”. Nonostante l’età, lui continua a cantare. E canta sempre le stesse canzoni: “Certo. Mi inchioda a un cliché romantico, ma se non faccio Una lacrima sul viso il pubblico si infuria. Nei concerti cerco di sorprendere sfoderando un’anima sempre più blues. Anche perché per il rock serve la pressione alta, io ho 120 di massima”. Guardando indietro, il grande successo l’ha solo sfiorato: “La risposta me l’ha data Claudio Villa: ‘A Robe’, si nascevi in America diventavi quarcuno’. Mai capito se intendeva che non ero nessuno o che sarei davvero potuto essere un gigante. Ma non ho rimpianti. Ho una vita fantastica e continuo a guardare avanti anche se compio 70 anni, come deve fare chi ha un figlio di 2″.



La famiglia di Bobby Solo

A proposito di figli, Bobby è ridiventato padre in età molto avanzata: “Ora con Ryan ho l’ossessione del nonno e la tenerezza del babbo. Lui ama suonare le chitarre giocattolo e fa la mossa alla Elvis come il papà. Sa che obiettivo ho? Campare così tanto da portarlo in tour tra i miei musicisti”. Parlando del suo, di padre, dice che era molto austero. E spiega anche il significato del suo strano nome: “Papà Bruno minacciò fuoco e fiamme se io avessi usato il suo cognome per fare rock. Micocci (il manager) disse a una segretaria: ‘Ok, chiamiamolo all’inglese, Bobby. Solo Bobby‘. Lei capì male ed ecco Bobby Solo”.