Uno dei temi caldi degli ultimi giorni è quello legato al film Hammamet di Gianni Amelio, che ha raccontato gli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi. Una pellicola che ha diviso i critici – ma non solo – e della quale si è parlato a lungo anche nei talk politici: anche Bobo Craxi, secondogenito dell’ex presidente del Consiglio, ha detto la sua sulla pellicola ed ha svelato anche un retroscena sorprendente. Intervistato da Repubblica, l’ex sottosegretario di Stato ha spiegato: «Inizialmente ho avuto uno scazzo con Amelio e la produzione, perché l’elemento romanzato prevale su quello politico. Mentre scorrevano le immagini mi dicevo continuamente ‘ma Bettino non parlava così’. Oppure mi arrabbiavo per certi fatti non veritieri». Bobo ha poi aggiunto: «C’è un elemento di libertà dell’artista che non può essere sindacato da nessuno. Credo che Amelio avesse in mente la stessa operazione che fece Carlo Lizzani sugli ultimi giorni di Mussolini».
BOBO CRAXI: “FAVINO IN CERTE POSE E’ IN STATO DI GRAZIA”
Pierfrancesco Favino «in certe pose è in stato di grazia», ha aggiunto Bobo Craxi ai microfoni di Repubblica, parlando poi del dibattito sullo scandalo Tangentopoli: «Sì, anche se poi non analizza le ragioni profonde su cosa accadde in Italia dopo la fine della Guerra fredda». Il figlio di Bettino Craxi ha poi aggiunto: «Bisognava ristabilire un nuovo ordine, in economia e in politica. E mio padre si rifiutò di guidare una rivolta nazional-capitalistica del sistema, perché come disse in un famoso discorso al congresso socialista di Bari, citando Ugo La Malfa: ‘Io sono un uomo del sistema’. Allo stesso tempo il nuovo ordine mondiale non poteva più tollerare eccessivi elementi di autonomia nazionale. E siccome non erano più tempi di golpismo militare si scelse l’arma del golpismo giudiziario o della purificazione morale».
BOBO CRAXI: “CONTRO MIO PADRE UN GOLPE”
Intervenuto ai microfoni di Fanpage, Bobo Craxi ha ricordato: «Noi dobbiamo analizzare cosa avvenne tra il 1989 e il 1992 perché altrimenti non si capisce cosa succede dopo. Il capitalismo di stato doveva fare spazio al capitalismo privato sovranazionale, e mio padre si rifiutò di guidare questo processo: era un uomo profondamente democratico che non voleva rinunciare ai suoi ideali. Lui e quella classe dirigente andavano tolti di mezzo, e siccome non si poteva usare l’esercito, fu utilizzato un sistema golpistico giudiziario, anche a sfondo moralistico». Poi un commento sulle condanne inflitte al padre per corruzione e finanziamento illecito: «Non sono un negazionista, la corruzione era evidente e mio padre ha sicuramente commesso degli errori ma, il giudizio che va dato è politico. Non si può giudicare la Storia sulla base di come è stato messo a bilancio un finanziamento».