L’emergenza coronavirus

ha messo in ginocchio l’Italia e rischia di dare un duro colpo all’economia del Paese. A lanciare l’allarme è il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che ha espresso contrarietà circa le misure del Governo, in particolare lo stop a tutte le attività economiche non essenziali: «Con questo decreto si pone una questione che dall’emergenza economica ci fa entrare nell’economia di guerra». L’imprenditore ha poi aggiunto ai microfoni di Radio Capital: «Il 70% del tessuto produttivo italiano chiuderà. Se il Pil è di 1800 miliardi all’anno vuol dire che produciamo 150 miliardi al mese, se chiudiamo il 70% delle attività vuol dire che perdiamo 100 miliardi ogni 30 giorni». Ai microfoni del Corriere della Sera, invece, Boccia si è scagliato contro le strumentalizzazioni delle ultime ore a proposito della chiusura delle fabbriche non essenziali, che stanno facendo passare «Confindustria come capro espiatorio»



BOCCIA: “MISURE CURA ITALIA NON BASTANO”

«Attenzione perché le filiere sono trasversali. Non si possono forzare dentro a un codice Ateco (la stringa di numeri che identificano le varie attività nei rapporti con la pubblica amministrazione, ndr;)»

, ha spiegato Boccia ai microfoni del Corriere, evidenziando poco dopo: «Prendiamo le aziende dell’automotive che stanno producendo valvole per i respiratori: anche loro non sono comprese nei codici Ateco che possono andare avanti a produrre. Attenzione alle rigidità, usiamo il buon senso. Soluzioni? Le aziende devono garantire la filiere del farmaceutico e dell’alimentare che devono continuare a poter produrre». Il numero uno di Confindustria ha poi messo in risalto che le misure del cura Italia non bastano per le aziende a «fatturato zero», in aumento esponenziale da oggi: «Siamo molto concreti. La cassa integrazione ampliata va benissimo. Ma chi è a fatturato zero o prossimo a zero non può andare in banca a scontare le fatture ricevendo liquidità. Serve un Fondo di garanzia nazionale, ampliato anche a livello europeo.».



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