BOCCIATO ALLA MATURITÀ PERCHÉ TROVATO CON IL TELEFONO: RESPINTO IL RICORSO

Il Tar dice di no al ricorso di due genitori avanzati contro la bocciatura del figlio. Lo studente liceale, originario della Puglia, era stato bocciato per via di un uso improprio dello smartphone durante l’esame di maturità, beccato in flagrante dai professori. Il ragazzo era stato fermato mentre utilizzava il cellulare nel corso della prima prova, quella di italiano, dell’esame. Il gesto dell’alunno non è passato inosservato e i docenti non hanno chiuso neppure un occhio: hanno infatti deciso per la bocciatura immediata, in seguito alla quale i genitori del ragazzo hanno fatto ricorso al Tar.



L’argomentazione della mamma e del papà dello studente pugliese, come spiega Telenorba, si basava sul fatto che il ragazzo avesse un disturbo dell’apprendimento, diagnosticato e comunicato alla scuola via Pec il 6 giugno. Dunque secondo la famiglia, l’istituto avrebbe dovuto predisporre le misure previste dalla legge per dare all’alunno il supporto necessario per svolgere l’esame di maturità, come la presenza di un tutor e del tempo aggiuntivo per completare la prima prova scritto. Secondo i genitori, dunque, per via di tale mancanza la scuola avrebbe dovuto concedere al ragazzo l’opportunità di svolgere nuovamente l’esame di maturità nella sessione straordinaria di settembre, senza dunque bocciarlo.



BOCCIATO ALLA MATURITÀ: IL RICORSO DEI GENITORI

Secondo il Tar, nonostante lo studente avesse un disturbo dell’apprendimento, la gravità del suo comportamento tenuto durante l’esame per via dell’utilizzo del telefono durante la prima prova, è più importante. Come spiegato ancora da Telenorba, la relazione della Commissione d’esame ha spiegato di aver osservato a lungo il candidato, mentre cercava di copiare dal cellulare lo svolgimento della traccia.

Il tutto, sotto gli sguardi ammonitori dei professori: la presidente della Commissione, dopo alcuni minuti, ha chiesto la consegna del dispositivo allo studente, che si è giustificato spiegando di aver cercato in rete “qualche spunto da inserire nel tema”, non trovando però compassione nella Commissione né al Tar.