«Adesso cambiamo tattica, adesso le cose ce le prendiamo per forza e poi vediamo cosa succede», queste le parole proferite urlando da Vittorio Boiocchi, il capo ultras ucciso la scorsa settimana, ad un dirigente dell’Inter, “colpevole” di non averlo avvisato, a gennaio 2020, dell’arrivo del neo acquisto Young all’aeroporto, dove la Curva avrebbe dato il suo benvenuto. Una telefonata intercettata, riportata dal Corriere della Sera, che mostra o meglio conferma quanto i rapporti fra la dirigenza meneghina e gli ultras dello stesso club fossero tesi. Ma nessuna collusione: la Digos e la procura di Milano avevano indagato quattro dirigenti interisti per il reato di associazione a delinquere, ma alla fine l’inchiesta venne archiviata, anzi i quattro «erano in realtà vittime del comportamento minaccioso ed estorsivo dei capi dei tifosi e quindi semmai persone offese dei reati», così come fatto sapere dal gip Guido Salvini.
Nessuna collaborazione quindi ma al massimo, scrive il pm nella richiesta di archiviazione «una minimizzazione di un problema che da anni affligge le squadre di A pressate da soggetti che si autodefiniscono tifosi/ultras, ma che in realtà per finalità essenzialmente personali esercitano un vero e proprio potere di ricatto nei confronti dei dirigenti. Devono riuscire a gestirle – aggiunge ancora il pubblico ministero – senza incorrere in violazione della normativa vigente, rispondere alla proprietà che, ovviamente, almeno a parole, non intende cedere alle suddette richieste, e alle autorità incaricate della gestione dell’ordine pubblico». E ancora: «Un dirigente ha riferito di subire la pressione psicologica derivante dalla caratura criminale di alcuni esponenti, in particolare di Boiocchi» e di temere «che la mancata soddisfazione delle loro richieste si potesse trasformare in comportamenti della Curva quali cori offensivi, lanci di monetine, accensione di fumogeni durante le partite, nocivi per la società». Eppure le pressioni della Curva, sottolinea il Corriere della Sera, ci sono e sono evidenti, soprattutto sulla vendita dei biglietti «che venivano poi parzialmente rivenduti a prezzi maggiorati con una sorta di “bagarinaggio”», ma anche l’organizzazione delle trasferte e gli ingressi allo stadio.
VITTORIO BOIOCCHI E LE ALTRE INTERCETTAZIONI CHOC DEI CAPI ULTRAS: LE MINACCE ALLA DIRIGENZA INTER
Fatti evidenti che emergono sempre da intercettazioni, come quando in assenza di un numero di tagliandi richiesti per la trasferta del Lecce, un capo ultras si rivolge così al dirigente interista «Allora io vado giù con 200 persone senza biglietto». Non è facile neanche riscuotere i crediti degli abbonamenti venduti(«Io gli ho detto, i tempi non li detti tu», ma anche «Non mi vogliono vedere perché prendo il martello e gli sfondo la testa con un martello a sto co…», dopo che un capo ultras aveva scoperto che non erano permessi cambi di nome sui biglietti e perchè non c’era un abbonamento gratis a don Mazzi.
Fra le intercettazioni anche quella di apertura, in cui Boiocchi si dice infuriato per non essere stato avvisato dell’arrivo di Young in aeroporto: «Ma che c… sta succedendo che noi non sappiamo come e quando arrivano i giocatori». Risposta dall’Inter: «Ma io non posso mica dirvelo…». E controreplica «Adesso cambiamo tattica: adesso le cose ce le prendiamo per forza». Per il pm Lesti «anche la dirigenza interista era vittima del comportamento estorsivo dei capi tifosi, che li utilizzava esclusivamente per il raggiungimento di finalità di prestigio personale quando non di mero profitto privato».