«Ci mal pagava, maltrattava e ci urlava contro»: l’ira di ex assistenti, ex domestiche ed ex collaboratrici, tutte donne, contro la “paladina” dei diritti femminili in politica, la deputata Laura Boldrini. L’incredibile e sorprendente testimonianza di diverse lavoratrici arriva diretta contro l’ex Presidente della Camera sulle pagine del Fatto Quotidiano in un lungo reportage a firma Selvaggia Lucarelli: la giornalista, anche lei in prima fila sui diritti femminili e delle minoranze, raccoglie diverse testimonianze in arrivo da alcune ex collaboratrici della Boldrini, in primis la sua domestica moldava Lilia che si è dovuta rivolgere ad un patronato di Roma perché a 10 mesi dalla rottura del contratto la deputata Dem non le avrebbe ancora mai pagato la liquidazione.
Contattata dal Fatto la stessa Lilia dichiara: «non voglio pubblicità […] ma dopo tanti anni in cui avevo lavorato da lunedì a venerdì, mi ha chiesto di lavorare meno ore ma anche il sabato». A quel punto però la domestica le avrebbe fatto presente che lo spostamento Nettuno-Roma che avrebbe dovuto intraprendere ogni giorno per sole 3 ore non valeva la pena e il guadagno: ha dato le dimissioni a quel punto e «siamo rimaste che faceva i calcoli e mi pagava quello che mi doveva, ma non l’ho più sentita». Sono 3mila euro di “debito”, accusa Lilia, «forse ci è rimasta male che non abbia accettato di andare il sabato. Io ero dispiaciuta». L’inchiesta della Lucarelli inizia con Lilia ma si allarga poi ad altre lavoratrici che hanno avuto a che fare come datrice di lavoro proprio Laura Boldrini e le scoperte sarebbero ancora più sorprendenti (se ovviamente tutto fosse realmente verificato e non smentito dalla diretta interessata).
TUTTE LE ACCUSE A LAURA BOLDRINI
«Ho contattato alcune persone vicine a Laura Boldrini per sapere se conoscono questa vicenda, qualcuno mi dice di sì con imbarazzo, altri rispondono con frasi smozzicate, lasciando intendere che Lilia non è la prima dipendente donna ad avere avuto dei problemi»: lo scrive nero su bianco Selvaggia Lucarelli, svelando così le successive telefonate svolte nell’entourage della deputata Pd. Per esempio Roberta, ex collaboratrice parlamentare: «Ho lavorato due anni e mezzo con la Boldrini e posso dire che ho tre figli, partivo il martedì alle 4.30 da Lodi per Roma, lavoravo per tre giorni 12 ore al giorno da mattina fino alle 9 di sera». Lo stipendio resta alquanto basso (1.200 euro al mese) ma è più che altro le mansioni che doveva svolgere Roberta a mandarla su tutte le furie: «ero pagata per per agevolare il lavoro di un parlamentare, ma il mio ruolo era anche pagare gli stipendi alla colf, an- darle a ritirare le giacche dal sarto, prenotare il parrucchiere».
La ex collaboratrice accusa la Boldrini che l’avrebbe costretta a fare da assistente personale, «che è un altro lavoro e non dovuto. Dovevo comprarle trucchi o pantaloni. Lei ha una casa a Roma, quando rimaneva sfitta io portavo pure gente a vedere l’appartamento o chiamavo le agenzie immobiliari. Per questi problemi con la colf bisognava ricostruire tutti i suoi paga- menti, un’ansia pazzesca». La fine del rapporto arriva quando in pieno lockdown lo scorso maggio, Roberta le chiede di poter lavorare in smartworking perché uno dei suoi tre figli si era ammalato seriamente e doveva essere operato: «Lei mi ha risposto che durante il lockdown con lo smart working avevo risparmiato. A un certo punto parte del suo staff aveva pensato di fare una colletta per pagarmi i treni. Ho dato le dimissioni sfinita», racconta ancora l’ex dipendente al Fatto Quotidiano.
L’attacco finale di Roberta è però tutto politico: «Chiede di essere eletta perché dice che la sua politica tutela le donne e poi chi lavora con lei non si sente tutelata. Io mi sentivo senza più autostima, pensavo di essere capace solo di prenotare alberghi e fare fotocopie, ora faccio un lavoro che mi gratifica». Ultima “accusatrice” è un’altra ex collaboratrice di Laura Boldrini che descrive alla Lucarelli più da vicino cosa succedeva nei rapporti interpersonali durante l’orario di lavoro, e non solo: «Tutti i giorni scrive post sui bonus baby-sitter o sui migranti in mare, poi però c’erano situazioni non belle in ufficio. O capricci assurdi. Se l’hotel che le veniva prenotato da noi era che so, rumoroso, in piena notte magari chiamava urlando. Poi magari non ti parlava per due giorni. Io credo che ritenga un privilegio lavorare con lei, questo è il problema. Chiarisco però che alcuni dipendenti li tratta bene, specie chi la adula o chi si occupa della comunicazione, perché quello è il ramo che le interessa di più».