Anche quest’anno il monito della Bce sul rischio di una bolla immobiliare è arrivato. Ormai sembra essere un appuntamento fisso, un monito perenne che, seguendo la legge dei grandi numeri prima o poi potrebbe trovare un riscontro nella realtà. Come nel 2021 e nel trascorso 2022, lunedì il dito della Banca centrale europea ha puntato nuovamente contro il mercato del mattone. Rispetto al recente passato, però, l’attuale avviso è maggiormente specifico. Infatti, rispetto ai precedenti anni dove l’oggetto di un potenziale “scoppio” veniva circoscritto al segmento cosiddetto residenziale, oggi, invece, la recente pubblicazione “The growing role of investment funds in euro area real estate markets: risks and policy considerations” ha dirottato sul più delicato e caotico insieme dei fondi di investimento immobiliari o cosiddetti REIFs (Real estate investment funds).



Nel “Macroprudential Bulletin” a firma della Bce viene individuata come “sorvegliato speciale” questa forma di investimento che, come riportato, ha impiegato i propri attivi negli immobili di tipo commerciale (commercial real estate o “CRE”) che, al momento, non godono di buone prospettive, ma, anzi, decisamente appaiono peggiorate.



A far da benchmark, quale esempio da non seguire, viene ripreso il recente caso relativo al fondo statunitense Blackstone Real Estate Income Trust che, causa l’incremento delle richieste di rimborso da parte dei sottoscrittori, ha dovuto forzatamente liquidare significativi asset immobiliari detenuti in portafoglio realizzando, pertanto, una crisi del proprio valore patrimoniale.

E guardando al NAV complessivo di questo specifico mercato, la stessa Bce ne evidenzia la crescita esponenziale degli ultimi 10 anni: dal quarto trimestre 2012 all’ultimo trimestre del 2022 l’ammontare è passato da quota 323 miliardi di euro agli oltre 1.000 (1.040) miliardi.



Se di un rischio bolla immobiliare si parla, a che detonatore dobbiamo fare attenzione? I rischi citati nel rapporto sono verosimilmente i più diffusi che contraddistinguono l’insorgere di una qualsiasi “bolla” ossia: il rischio liquidità e il ricorso all’uso della leva finanziaria con, inevitabilmente, l’effetto ultimo di un contagio tra i vari soggetti interessati nella filiera del credito (istituti di credito e/o società finanziatrici). Come ovvio, se tutto ciò dovesse accadere, a subire il contraccolpo finale sarebbe la più importante e sconfinata stabilità finanziaria dell’intera zona euro (e non solo aggiungiamo noi).

Sulla base di questo alert proveniente dall’autorevole istituzione Bce, e tralasciando i suoi trascorsi allarmi (finora disinnescati o mai pervenuti), abbiamo ricercato un’eventuale correlazione con il mercato immobiliare domestico e in particolare alla sua cosiddetta componente “Non residenziale”.

Attingendo alle pubblicazioni presenti nel sito dell’Agenzia delle Entrate e consultando l’ultimo “Osservatorio” trimestrale dello scorso marzo concernente le “Statistiche IV trimestre 2022”, emerge chiaramente uno stato di sofferenza per questa tipologia di asset. In primo luogo, viene indicato come «la rilevazione del quarto trimestre del 2022 segnala un’inversione di tendenza rispetto alla dinamica espansiva che ha caratterizzato il periodo post-pandemico. Il settore terziario-commerciale, che aveva già mostrato un rallentamento della crescita negli ultimi due trimestri, subisce un decremento del 3,5%, dato che si attesta a un livello più contenuto in confronto a quello medio riferito all’intero comparto non residenziale, pari al -5,4%».

La debolezza citata vede su base territoriale una contrazione che riguarda in particolare «le aree del Centro e del Nord, con il Nord Est che riporta il dato peggiore (-8,3%) mentre la macroarea delle Isole, seppur con un tasso di crescita più basso rispetto al III trimestre 2022, registra un incremento dei volumi scambiati del +6,2%, con rialzi sia per i capoluoghi (+8,0%) sia per i comuni minori (+5,5%), infine al Sud si registra un calo lieve dello 0,2%».

Se osservando a questo bilancio temporale la criticità del settore appare evidente, al tempo stesso, però, è anche corretto e plausibile ipotizzare come la causa di questo stop si possa ascrivere a una fisiologica battuta di arresto come ogni ciclo storico impone. Pertanto, confidenti di quest’ultima ipotesi, abbiamo voluto guardarci ancor più dentro e, andando oltre (come dovuto), abbiamo ampliato il nostro punto di vista a un’analisi temporale a più ampio spettro: non più su base trimestrale, bensì in ottica annuale.

Sempre attingendo ai dati presenti nello stesso rapporto di Agenzia delle Entrate e al commento possiamo apprendere come sulle «variazioni mensili tendenziali, disaggregate per aree geografiche e nel dettaglio dei capoluoghi e dei comuni non capoluoghi; una prima battuta d’arresto si rileva già dal mese di ottobre (-1,1%) che culmina con una brusca contrazione nel mese di dicembre (-9,9%) passando per una fase di crescita a novembre (+3,8%)». Nonostante questa breve sintesi con il suo valore medio finale di poco inferiore alla doppia cifra, oggettivamente, i dati allarmano se riconducibili alle differenze di ciascuna area presa in esame: dal -6,4% del Nord-Ovest, si giunge al -11,5% del Sud e -11,6% del Nord-Est, per poi destinarsi al perentorio -17,5% del Centro Italia. Unica eccezione le Isole con il loro unico segno positivo pari a +5,6%.

Ovviamente questo nostro circoscritto approfondimento al solo territorio nazionale avrebbe potuto rappresentare un mero esercizio didattico, ma, guardando a queste risultanze finali, così come a un più ampio e valido “osservatorio” ben oltre i confini del Bel Paese, attribuisce al recente monito di Bce un diverso giudizio rispetto a quelli del passato.

In un periodo storico come quello attuale caratterizzato da una mai domata policrisi, permacrisi e così via con altri futuribili neologismi, vogliamo proprio lasciarci sfuggire il rischio (eventuale) del mercato immobiliare? L’unica, e ormai scontata risposta, è semplice: resilienza. Lo siamo stati e lo saremo ancora: resilienti. Ci viene ripetuto. Quasi ogni giorno. Come un mantra. Come la sempre temuta bolla del mercato immobiliare.

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