Dopo il taglio del 30% rispetto a gennaio del prezzo del gas, gli italiani a febbraio pagheranno un po’ più del triplo di quello che si è pagato per anni, prima del conflitto in Ucraina e delle sanzioni europee. Certamente è meglio di un altro rincaro, ma la strada da percorrere per tornare alla normalità, sia a livelli di consumi privati che industriali, è ancora molto lunga e non si può essere soddisfatti dei livelli raggiunti.
Anche il prezzo dell’elettricità a un anno rimane circa tre volte più alto di quello che si è pagato per anni. Siamo a questi livelli di prezzo del gas, il triplo della norma, nonostante un inverno mite, il calo netto dei consumi industriali e di quelli privati con gli italiani che hanno deciso di abbassare il termostato. Se avessimo avuto un inverno normale per le tasche degli italiani oggi sarebbe sicuramente peggio.
C’è un problema “in assoluto” e poi c’è un problema in relativo perché nel ciclo precedente i prezzi del gas europei erano tra le due e le tre volte più alti di quelli americani mentre oggi sono quasi dieci volte più alti di quelli che si pagano a New York. La forbice si è aperta anche rispetto al resto del mondo. In questo scenario la competitività dell’industria europea è in pericolo. Nessuno può pensare che questa nuova normalità, dove per ora sembra essersi stabilizzato il prezzo del gas, sia accettabile a meno di mettere in conto anni di declino. Gli annunci sulle ambizioni dell’Italia di diventare l’hub europeo del gas fanno pensare che non ci sia la giusta percezione; sarebbe molto più incoraggiante se l’obiettivo fosse, molto più semplicemente, riportare i costi energetici italiani in linea con quelli del resto del mondo.
Mentre l’Europa e l’Italia festeggiano un prezzo del gas che non è più cinque volte più alto di quello del 2019 ma solo tre volte, l’America assiste a un tracollo dei prezzi che ha pochi paragoni negli ultimi due decenni. Il crollo è talmente violento e il prezzo del gas è sceso talmente tanto, arrivando vicino ai minimi del ciclo precedente, che gli amministratori delegati di alcune delle maggiori società attive nell’estrazione di gas, pensiamo alle dichiarazioni dell’ad di Chesapeake, invitano il resto del settore a produrre di meno. Mentre i prezzi del gas europei riflettono le preoccupazioni degli investitori per le forniture del Vecchio continente, per esempio il prossimo inverno, quelli americani riflettono le preoccupazione per un eccesso di offerta che distrugge la redditività delle società del settore. Per inciso quello che sta succedendo prova che il mercato del gas americano rimane regionale e che le esportazioni, che valgano circa il 10% della produzione, non incidono sui prezzi interni e nemmeno su quelli esterni. Altrimenti questa situazione di eccessiva abbondanza si sarebbe fatta sentire anche in Europa e i nostri prezzi del gas sarebbero molto più vicini ai livelli del 2019.
Come minimo si possono tirare due conclusioni. L’Italia è molto lontana da una soluzione della crisi energetica e l’America non può offrire il contributo decisivo.
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