Dopo il brusco rialzo che c’è stato nella seconda parte del 2021, nei prossimi mesi c’è il rischio che l’inflazione aumenti ancora. «È vero da un lato che in Italia – ci spiega Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano – l’indice dei prezzi al consumo è inferiore alla media europea (a dicembre, 3,9% contro 5,0%), ma dall’altro non bisogna dimenticare che se si realizzassero le previsioni di crescita del nostro Pil, questo farebbe salire ancora di più l’inflazione.



Non viene infatti mai ricordato che dopo il forte crollo della produzione dovuto alla pandemia, l’indice dei prezzi è rimasto pressoché invariato. Questa anomalia fa sì che la spinta della ripresa contribuisca all’eccezionale crescita del tasso d’inflazione».

È possibile mitigare l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto delle famiglie e sui costi produttivi delle imprese senza un intervento della Bce?



L’inflazione è più alta per i beni energetici, ma da qui rischia di diffondersi, soprattutto per quel che riguarda i costi legati alla casa. Credo che sia possibile immaginare un intervento da parte dello Stato per sostenere le famiglie i settori produttivi più impattati dai rincari delle materie prime energetiche.

Ci sono già stati degli interventi per contrastare il caro bollette. Non bastano?

Non bastano, anche perché non dobbiamo dimenticare che sarà pur vero che il reddito delle famiglie italiane, fino al terzo trimestre del 2021, è aumentato, ma si tratta di una media di Trilussa. È poi vero che i tassi di risparmio degli ultimi due anni fanno ipotizzare che gli italiani abbiano a disposizione un “cuscinetto” per assorbire questi rincari, ma questa è una prerogativa di quella metà circa di popolazione che è riuscita effettivamente a risparmiare, mentre non mancano casi nell’altra metà, in cui ci si è dovuti indebitare.



Vedrebbe quindi la necessità di interventi mirati su questa fascia di popolazione?

Sì, credo che si possa ipotizzare un intervento mirato in particolare verso i redditi più in sofferenza. In passato ci sono stati ristori per le attività economiche, forse ora si potrebbero mettere in campo anche per i cittadini, e per le famiglie potrebbe essere anche collegati all’Assegno unico per i figli. Le informazioni per evitare gli abusi esistono, quindi provvedimenti del genere, che avrebbero una forte valenza sociale, si potrebbero attuare. Tenendo, però, ben in mente un dettaglio non irrilevante.

Quale?

Che l’inflazione rappresenta un problema anche dal punto di vista dello spread. E che gli interventi pubblici di cui abbiamo parlato possono contribuire ad aumentare il disavanzo. In un momento in cui tra l’altro si parla di ridiscutere il Patto di stabilità e crescita.

È possibile, quindi, varare i provvedimenti di cui ha parlato poc’anzi evitando che aumentino troppo il disavanzo con conseguenze negative per lo spread?

Penso che tutto stia nelle modalità con cui i provvedimenti vengono realizzati. Se si immagina un sostegno molto mirato, che è in qualche misura laterale e temporaneo, non credo che comporterebbe un impatto significativo sulla dinamica dei mercati finanziari. Certo è che se si focalizzasse l’attenzione sul recupero dall’evasione fiscale ci sarebbero ancora più risorse rispetto a quelle che si potrebbero reperire dalla normale ricerca tra le pieghe del bilancio pubblico attenuando così l’aumento del disavanzo.

(Lorenzo Torrisi)