«I dati fanno trasparire un trend positivo», questo il commento dell’assessore Pietro Foroni al bollettino di oggi sul coronavirus in Regione Lombardia. I nuovi casi sono 577, per un totale che sale a 78.105. Nessuna variazione in terapia intensiva, dove restano 532 malati, mentre 63 sono i morti registrati nelle ultime 24 ore. Il bilancio delle vittime sale quindi a 14.294. In calo il numero dei ricoverati in altri reparti Covid: -195, quindi si scende a 6.414. I dimessi invece sono 697, per un numero che sale a 53.470. «Per me è significativa la riduzione dei ricoverati e il numero dei dimessi. Purtroppo, dobbiamo sempre constatare il numero dei decessi e poi c’è il dato delle terapie intensive che resta invariato, nonostante veniamo da giorni di continua riduzione», ha aggiunto Foroni in conferenza stampa.



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Per quanto riguarda invece i casi per provincia, se ne registrano 186 in quella di Milano (20.254), di cui 48 a Milano città (8.439). Sono 85 i nuovi casi a Bergamo, 94 a Brescia, 19 a Como, 3 a Cremona, 16 a Lecco, 15 a Lodi, 2 a Mantova, 27 in Monza e Brianza, 32 a Pavia, 29 a Sondrio e 55 a Varese. «Anche i dati sulle province sono stabili o positivi, in particolare su Milano città, visti i numeri delle settimane scorse. Notiamo una progressiva stabilizzazione e questo fa ben sperare. Questo non vuol dire che il virus è debellato, ma le misure adottate stanno facendo ottenere buoni risultati e bisogna andare avanti così», il commento di Pietro Foroni. (agg. di Silvana Palazzo)



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BOLLETTINO LOMBARDIA: I NUOVI DATI SUL CORONAVIRUS

La Lombardia entra nella fase 2 con tanti timori, diverse incertezze legate alle direttive non chiarissime del Governo sul fronte sanitario ma con di buono l’ultimo bollettino coronavirus di ieri che ha visto una stabilizzazione dei numeri e un calo dei decessi rispetto ai giorni scorsi: l’emergenza non è finita e come ha detto questa mattina il virologo Fabrizio Pregliasco all’Adkronos, «La speranza è che gli italiani continuino a uscire con i ‘piedi di piombo’, in una sorta di libertà vigilata che possa consentire di contenere la diffusione del coronavirus».



La fase 2 inizia ufficialmente e lo fa con dei numeri che prima del 4 maggio mostrano 526 i nuovi positivi (totale 77.528), a fronte di 7.155 tamponi effettuati (totale 410.857) ma anche 42 morti che fanno salire il bilancio generale in Lombardia a 14.231. Il bollettino diffuso ieri senza conferenza stampa (oggi torna la diretta video YouTube e Facebook dalla sede della Regione Lombardia attorno alle 17.30) mostrava anche -13 persone ricoverate in terapia intensiva (532 totali, calo drastico rispetto al picco nella fase 1) ma purtroppo anche +80 ricoverati in reparti Covid (totale a 6.609). I dimessi sono 417 nelle ultime 24 ore, quindi 52.773 in totale.

CORONAVIRUS LOMBARDIA, LA CAUTELA DI GALLERA E GALLI

A fronte poi dei miglioramenti nelle tre città più colpite dal coronavirus in Lombardia (e dunque anche in Italia), Bergamo, Brescia e Milano, la situazione sta migliorando anche se la guardia non può ancora dirsi abbassata: «Sono giorni delicati, oggi ma ancor di più il 18 maggio, quando si riaprirà moltissimo. Gli effetti di un’eventuale crescita del contagio li vediamo 10 giorni dopo, quindi è chiaro che siamo vigili […] Il trasporto pubblico locale è uno dei grandi nodi», ha spiegato l’assessore al Welfare Giulio Gallera intervistato a Mattino 5 quest’oggi. In attesa del bollettino coronavirus e della nuova conferenza stampa del pomeriggio, il n.1 della Sanità Lombardia ha specificato che per capire l’andamento del contagio da Covid-19 «saranno l’incremento dei positivi, ma soprattutto ricoverati e terapie intensive, e l’andamento delle chiamate al pronto soccorso. Pronto soccorso, ricoverati e terapie intensive saranno i nostri campanelli d’allarme».

Attenzione e cautela la predica anche il direttore del reparto di malattie infettive del Sacco di Milano, Massimo Galli, raggiunto dall’Ansa: «L’emergenza non è finita, dobbiamo trovare il modo per gestire la riapertura e la convivenza con questo virus. Ora stiamo passando da un intervento drastico di chiusura, semplice nelle caratteristiche e pesante nelle conseguenze, ma che ha ottenuto validi risultati – ha richiamato ancora l’infettivologo – a una situazione in cui apriamo, con la regola della “mascherina, guanti e distanza“, e una forte speranza nello “stellone”. Questo è un limite oggettivo, poteva, doveva e deve essere fatto di più, come definire i contagi nelle famiglie e i loro contatti».


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