Fin dove si sta spingendo la follia del ‘politically correct’? Va bene evitare ogni forma di sessismo o di discriminazione, ma forse la situazione sta sfuggendo di mano. L’ultimo gesto esagerato arriva dal Comune di Bologna, dove, come apprendiamo da Libero, il sindaco, Matteo Lepore (Pd), ha posto il veto su alcune frasi sessiste, al limite dell’assurdo.



Nella lotta alla parità di ogni genere ora dovremo anche rivedere la lingua italiana. Sì, perchè guai a usare termini del tipo ‘fratellanza’, ‘paternità’, ‘fraternità’. Queste espressioni rimandano al genere maschile, e quindi potrebbero essere discriminanti. Questo è il nuovo diktat della Bologna dem, che potrebbe perfino arrivare anche a cambiare documenti e delibere comunali – di fatto bandendo l’uso universale del maschile – voluto dagli amministratori Pd per “educare” i dipendenti (e dare un buon esempio ai cittadini) a un linguaggio politicamente corretto. Largo dunque alla nuova lingua no gender nel manuale divulgato dall’amministrazione comunale di Bologna,



IL LINGUAGGIO INCLUSIVO IN NOME DEL POLITICALLY CORRECT

Secondo il linguaggio inclusivo imposto da Palazzo d’Accursio, sede del Comune di Bologna, la parola “fratellanza” tra le nazioni è praticamente bandita e dovrebbe essere sostituita con la locuzione “solidarietà (umana) tra le nazioni”, proprio perché “fratellanza” rimanda a “fratello”, dunque al solo genere maschile. Mentre le cariche istituzionali, politiche e amministrative, devono essere declinate al femminile quando ricoperte da una donna: quindi, sindaca, assessora, consigliera, funzionaria, direttrice, la capo area. Il manuale di Bologna, che intende riscrivere la lingua italiana, si intitola “Parole che fanno la differenza”, e già dalle prime righe spiega che “il gender è un concetto culturale, sociale e simbolico, non biologico“. Dopodichè è un susseguirsi di terminologie cambiate in nome di un politically correct senza pari. Perfino ‘paternità dell’opera’ non andrà più bene se si vuole indicare l’artista donna. Meglio usare ‘maternità’.



Del resto, a giustificazione di questa bella trovata, “come amministrazione vogliamo creare un linguaggio in cui tutti i cittadini e le cittadine si sentano valorizzati e valorizzate nelle loro differenze, per dare visibilità a una diversità di genere“, ha sottolineato la vicesindaca Emily Clancy. “Nominare i lavori dal punto di vista femminile significa togliere discriminazione, dare valore alle persone” le fa eco Rita Monticelli, docente universitaria e consigliera delegata del sindaco ai diritti umani. Ma se all’interno delle stesse fila piddine c’è chi storce il naso, forse è la dimostrazione di quanto ci si sia lasciati prendere un po’ troppo la mano. Chissà cosa ne penserebbe Dante Alighieri, padre della lingua italiana, a fronte di queste rivisitazioni no gender.