Uccise e bruciò la compagna per affermare la sua volontà di possesso virile su essa e per vendicare il suo senso di onore. Lo sostiene la Corte d’Assise di Bologna nelle motivazioni della sentenza con cui è stato condannato all’ergastolo M’hamed Chamekh. Il 42enne marocchino è il responsabile dell’omicidio di Atika Gharib, 32enne trovata morta il 2 settembre 2019 in un casolare di Castello d’Argile. La donna, con cui l’assassino aveva avuto una relazione, lo aveva lasciato dopo che lui aveva molestato la figlia minorenne.



Per il tribunale il movente del femminicidio è maturato “per riaffermazione della volontà di possesso virile sulla donna, e per barbara necessità di vendicare il proprio malconcepito senso di onore, cui non si è accompagnato alcun pentimento; anzi l’omicidio è stato rivendicato con orgoglio e soddisfazione“, è scritto nelle motivazioni, come riportato dal Resto del Carlino.



OMICIDIO ATIKA GHARIB: “SALTO NELLA GIURISPRUDENZA”

La famiglia di Atika Gharib si era costituita parte civile con l’avvocato Marina Prosperi, così come l’Udi, rappresentata invece dall’avvocato Rossella Mariuz. Oltre ai familiari, è stato stabilito un risarcimento di 10mila euro anche per l’Unione delle donne. “Questo passaggio motivazionale segna un importante salto nella giurisprudenza che riconosce come aggravante di genere, il movente di un femminicidio“, ha dichiarato l’avvocato Prosperi, che ha rappresentato l’intera famiglia della vittima. L’omicidio di Atika Gharib è determinato “in una cornice maschilista e patriarcale nel quale si misura il malconcepito senso dell’onore“.



Dunque, per il legale, anche se sono due parole in una sentenza di 22 pagine, rappresentano “un grande passo nella tutela e nella difesa delle donne“. Anche l’associazione donne italiane (Udi) è soddisfatta. “Abbiamo chiesto ai giudici come Udi di riconoscere nella sentenza questo omicidio come femminicidio, valutando l’etimologia di questa parola“, aveva dichiarato l’avvocato Rossella Mariuz il giorno della lettura della sentenza.