Ieri a Palermo si sarebbe dovuto festeggiare il “Festino di Santa Rosalia”, un importante appuntamento di mezza estate tra sacro e profano che raccoglie ogni anno centinaia di migliaia di persone per ricordare la fine della peste per intercessione di Santa Rosalia. L’emergenza Coronavirus ha suggerito quest’anno di interrompere ogni tipo di manifestazione pubblica.
Quando nel primo pomeriggio ha iniziato a piovere in modo inatteso e non segnalato preventivamente, qualcuno ha pensato alla fine della pestilenza nel 1624, e alla pioggia purificatrice che spazza ogni malattia.
Ma nel giro di pochi minuti la pioggia è divenuta nubifragio e una valanga di acqua ha colpito tutta la città in ogni quartiere e in ogni strada. Questa volta la tragedia non è stata sfiorata, ma si è abbattuta con particolare violenza. Al momento i morti sono due, annegati in un sottopasso e due bambini in ipotermia hanno rischiato la vita. Sui danni si vedrà dopo.
Palermo è abituata a tanti mali, che sembrano inguaribili agli stessi palermitani, ma questa volta si è andati ben oltre le normali cronache di ogni fine nubifragio. Siamo abituati, grazie alla televisione, a vedere la gente nuotare nelle strade e le macchine sommerse dalle acque; ma quando accade nella mia città, nella mia strada, a persone che conosco o potrei conoscere la tragedia fora il teleschermo e colpisce il cuore.
Tutta la notte è trascorsa tra il fragore delle ambulanze e il rumore degli elicotteri che portavano aiuto ai tanti ancora intrappolati nelle auto.
Poi inizierà la polemica sui mancati soccorsi e sulle opere di prevenzione mai ultimate.
Certo la rabbia sale se si pensa che nessuno ha allertato nessuno, quando invece si chiudono le scuole e gli uffici per molto meno; se poi aggiungiamo che abbiamo un sistema di rilevamento satellitare in grado di sapere cosa succede nell’altra parte del globo e non riusciamo a sapere quanto accadrà tra poco sotto casa, la domanda sorge spontanea: ma a che serve andare sulla luna se non possiamo andare a fare la spesa senza rischiare l’annegamento?
Il Coronavirus dicono tutti è servito per far emergere la fragilità del nostro sistema, della nostra società, delle nostre persone. Un virus invisibile è stato in grado di mettere in ginocchio tutti. Ma Palermo questa volta è stata messa in ginocchio per molto meno all’apparenza. Sul banco degli imputati saranno messe giustamente le istituzioni, ciascuno cercherà di tirarsi fuori, ma i palermitani, tutti i palermitani rimarranno le vere vittime di questa tragedia.
Ma prima che inizi il solito balletto dello scaricabarile, sarà bene piangere insieme questi morti che sono di tutti e interrogarci tutti se ciascuno, anche nel suo piccolo, forse poteva fare di più.