Recentemente il Regno Unito ha aperto all’invio di bombe all’uranio impoverito in Ucraina, per limitare l’avanzata dei carri e dei corazzati russi. Si tratta concretamente di armi potentissime, che sono in grado di distruggere pressoché qualsiasi cosa contro cui vengono lanciate, e potrebbero anche aprire, secondo quanto ha dichiarato Mosca, ad un conflitto atomico. Si tratta, infatti, di armi a tutti gli effetti nucleari e l’impiego di bombe all’uranio, sempre stando alle dichiarazioni del Cremlino, non lascerebbero alternative che l’uso di altri armamenti nucleari.
Bombe all’uranio: cosa sono e che danni causano
Insomma, se Londra consegnasse le sue bombe all’uranio all’Ucraina gli esiti potrebbero diventare in brevissimo tempo piuttosto preoccupanti, aprendo per Kiev alla stagione dell‘inverno nucleare. Si tratta di razzi balistici, al cui interno è stato inserito un residuo di uranio impoverito, ricavato dagli scarti della produzione delle centrali nucleari, in grado di generare temperature pari a circa 3.000 gradi e, letteralmente, sciogliere qualsiasi cosa contro cui impattano. Eppure, come si potrà facilmente immaginare, hanno anche degli esiti tangibili sulla salute umana.
Sono oltre 300 le sentenze emesse in tutto il mondo di condanna all’uso delle bombe all’uranio, ma questo non ha scoraggiato i governi mondiali a continuare a produrle e, soprattutto, utilizzarle. Sprigionando il loro calore, le bombe generano una fitta polvere di micro e nano particelle tossiche, classificate nella classe uno dei rischi oncologici, la più grave. Ed in tutto il mondo gli esisi dell’utilizzo di questi armamenti è stato ampiamente appurato e discusso e, a quanto riporta Il Riformista, solamente tra i militari italiani avrebbero provocato oltre 300 morti di tumore, accompagnati ad oltre 8mila ammalati gravi. Famoso è il caso della caserma Tito Barak a Sarajevo, in cui erano impiegati numerosissimi soldati italiani, e che fu pesantemente bombardato dalle bombe all’uranio della Nato causando quella definita, poi, la sindrome dei Balcani, ovvero una vera e propria “epidemia” del linfoma di Hodgkin.