La sconfitta del campo largo alle Elezioni Regionali Abruzzo 2024 non spinge il Pd a cambiare linea, anzi rafforza la convinzione che bisogna unire le opposizioni e coinvolgere anche i centristi, perché non si può guardare solo a sinistra, ma avere anche l’ambizione di parlare a tutti. Ne è convinto Stefano Bonaccini che, pur riconoscendo che non sia ancora cominciata la parabola discendente di Giorgia Meloni, resta positivo dopo il voto abruzzese. «Si è giocata fino in fondo una partita che, solo qualche mese fa, sembrava perduta in partenza e con venti punti di distacco», dichiara il governatore dell’Emilia-Romagna nell’intervista rilasciata alla Stampa. Come la segretaria dem Elly Schlein, anche Bonaccini evidenzia la crescita del partito, merito evidentemente anche dell’impegno per unire il campo largo, che infatti «è la strada giusta, fare passi indietro adesso sarebbe folle».
Per tornare a vincere a tutti i livelli, però, serve «un progetto forte e alternativo per l’Italia», quindi non ci si può basare solo su tante proposte. «Suggerisco di costruire un’alternativa seria e credibile per l’Italia, non contro qualcuno, ma dando risposte alle persone». Questo vuol dire per il Pd imparare a parlare a tutto il Paese, «con i propri valori e il proprio progetto di società». Pertanto, il Pd deve sì lottare per i diritti civili, «ma mai disgiunti da quelli sociali», sottolinea Bonaccini, secondo cui «serve una politica industriale, il sostegno a chi deve affrontare la transizione ecologica e digitale. Dobbiamo stare accanto a chi crea lavoro, investire su formazione, ricerca e innovazione per avere lavoro di qualità e non precario, meglio pagato».
“TERZO MANDATO? CHE PASTICCIO. PREMIERATO E AUTONOMIA? UNO SCAMBIO SCELLERATO”
Stefano Bonaccini invita il Pd a rivolgersi a tutte le forze di opposizione al governo. «Il Pd deve crescere e allargare la sua base elettorale per essere il perno di un centrosinistra largo e aperto alle migliori esperienze civiche», dichiara alla Stampa, facendo notare che unire il campo e crescere come partito non sono due missioni che entrano in contraddizione. Nell’intervista c’è spazio anche per parlare del terzo mandato, su cui Bonaccini ritiene che la destra abbia prodotto «un pasticcio». La direzione del Pd ha aperto all’idea di una proposta organica di riordino del tema, «tenendo insieme il numero dei mandati con un conseguente bilanciamento dei poteri delle assemblee elettive». Del resto, attualmente capirci qualcosa è un’impresa. «Permettere ai cittadini di scegliere non mi pare impopolare. Certo, in forme e modi che vedano un bilanciamento dei poteri. Ed è irresponsabile manomettere le istituzioni per decreto a ridosso delle elezioni».
Infine, Bonaccini critica il governo sulle riforme, perché quelle di cui parla «servono solo a non parlare dei problemi degli italiani». Ad esempio, lo scambio tra premierato e autonomia di Calderoli per il governatore dell’Emilia-Romagna è «scellerato». Il premierato «colpisce le prerogative della Presidenza della Repubblica», invece l’autonomia «mette a rischio l’unità del Paese senza migliorare il funzionamento di Regioni e Comuni». Invece, il Pd, conclude Bonaccini, è convinto «che si possa rafforzare la governabilità senza colpire Parlamento e capo dello Stato: penso al cancellierato alla tedesca. E siamo autonomisti nel senso che bisogna far funzionare meglio Regioni e Comuni a vantaggio dei cittadini: bisogna sburocratizzare e semplificare».