Pasquale Zagaria, boss dei Casalesi detto Bin Laden non torna in carcere. A deciderlo sono stati i giudici del tribunale di Sorveglianza di Sassari che hanno così bocciato il decreto con il quale lo scorso maggio il ministro Bonafede era intervenuto per mettere una toppa dopo la concessione dei domiciliari per motivi di salute a ben 376 detenuti per reati di mafia, in piena emergenza Coronavirus. Come scrive Il Giornale, dunque, Zagaria, che era al 41 bis, resterà ai domiciliari nella sua abitazione in provincia di Brescia dove si potrà curare nel vicino ospedale in quanto il dl Bonafede potrebbe rappresentare una illegittima interferenza nel potere giudiziario del potere esecutivo. I giudici di sorveglianza sardi hanno così accolto l’istanza del legale di Zagaria e hanno ricordato come il tribunale, dopo la circolare del Dap aveva “compiuto un bilanciamento tra ragioni di sicurezza e diritti del detenuto” a curarsi senza rischio di contagio, spostandolo dal carcere ai domiciliari e stabilendo un termine per la concessione. Tuttavia, si legge nelle pagine di dispositivo della decisione, il dl Bonafede ha portato ad una rivalutazione che per il tribunale di sorveglianza “oltre a non essere rispettoso del termine, contiene preoccupanti aspetti di limitazione della sfera di competenza dell’autorità giudiziaria e una riduzione della tutela dei diritti fondamentali alla salute e all’umanità della pena”.
BONAFEDE, BOCCIATO DECRETO: BOSS ZAGARI NON TORNA IN CARCERE (E NON È L’UNICO)
Questo avrebbe così sollevato la questione di illegittimità alla Consulta, chiamata ora a decidere e bloccato il ritorno in carcere per il boss Zagaria, segnando al tempo stesso un flop che renderebbe ancora più precaria la posizione di Bonafede. La decisione di Sassari sul boss va ad aggiungersi a quella del giudice di sorveglianza di Spoleto che ha anche lui bocciato il decreto di Bonafede sollevando una questione di legittimità costituzionale del dl nella parte in cui prevede la “rivalutazione” dei domiciliari concessi in concomitanza con l’emergenza Covid. In questo caso il riferimento era ad un detenuto condannato a 5 anni e sottoposto a trapianto che aveva ottenuto i domiciliari e che in seguito al decreto aveva visto mettere nuovamente in discussione il suo possibile ritorno in carcere. In entrambi i casi, dunque, piuttosto che procedere con l’inserimento in carcere dei due detenuti si è sottolineata la bocciatura a scapito del dl di Bonafede ribadendo il pasticcio commesso lo scorso 10 maggio.