La giustizia italiana non sembra godere di ottima salute. E non c’entra il Covid-19. La Verità ha pubblicato uno scambio di messaggi tra il capo della Procura di Viterbo Paolo Auriemma e il leader della corrente di Unicost Luca Palamara, che alle considerazioni del collega sulle politiche migratorie di Salvini risponde “Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo”. E poi il caso Bonafede, che che per le vicende della nomina alla guida del Dap, caso Di Matteo e gestione dei detenuti 41-bis durante la pandemia è incorso in due mozioni di sfiducia, poi bocciate.



“Politica giudiziaria, che passione…” dice al telefono Claudio Martelli. Abbiamo fatto il punto con l’ex Guardasigilli del Psi, oggi scrittore, testimone, opinionista.

Nella vicenda della nomina alla guida del Dap chi ha sbagliato?

Ha sbagliato Bonafede, non c’è dubbio. Era lui il titolare della decisione. Non si chiede a uno (Di Matteo, ndr) dove vuole andare per poi dire: no, scusami, quel posto l’ho dato a un altro. Bonafede ha proposto il Dap a Di Matteo, ma non glielo ha mai voluto dare.



E nel caso dei detenuti più pericolosi rimandati a casa?

Si muove chi ha gli avvocati migliori. E chi ha gli avvocati migliori, se togliamo alcuni colletti bianchi? Mafiosi, camorristi, ndranghetisti eccellenti. I loro avvocati hanno chiesto l’applicazione della legge 354/1975. Un errore concederla.

E perché?

Perché quella legge riguarda i casi individuali, non una pandemia. Non è una misura di prevenzione. Chi è stato messo ai domiciliari era particolarmente malato? A me non risulta.

È stata una scarcerazione per paura di contagio.

Alcuni magistrati hanno detto di aver cercato di interloquire con il Dap per capire quali fossero le condizioni di salute dei singoli. Ho letto che non hanno mai avuto risposta. Altra disfunzione grave.

Lei che cosa avrebbe fatto?

Un decreto, interpretando in modo più ragionevole e quindi autentico le disposizioni vigenti. E poi c’erano altre soluzioni possibili: si potevano trasferire i reparti ospedalieri nelle carceri, usare degli alberghi.

E l’insinuazione, da parte di Di Matteo, che Bonafede avrebbe ceduto alle proteste dei boss?

Questo non lo credo. Se trattiamo il sospetto come l’anticamera della verità, ci resta solo la legge del taglione.

Cosa pensa dello scambio di messaggi su Salvini tra il pm Auriemma e Palamara?

Da Palamara che cosa vuole aspettarsi?

“Hai ragione” risponde Palamara ad Auriemma “ma adesso va attaccato”.

Vede, in questa situazione bisognerebbe arrivare a un rimedio decisivo. È del tutto evidente che l’Anm è diventata un’ organizzazione che parassita lo Stato e permette di condizionare le scelte del Csm, perché influisce sull’elezione dei suoi membri. Si comporta come un partito politico. Contesta le decisioni del Parlamento, del Governo e del ministro della Giustizia ogni due minuti. È un organismo che non si capisce più bene che cos’è, ma che comunque sembra votato a mal fare. Attenta quotidianamente all’autonomia e all’indipendenza del singolo magistrato, fa mercimonio di nomine, promozioni, carriere, elezioni al Csm e perfino sentenze. Dove siamo?

Come si risponde a questa situazione perversa?

L’Anm andrebbe sciolta. È una libera associazione, non un organo costituzionale. Fa del male ai magistrati e alle istituzioni, dunque è una minaccia.

Anm, stampa amica e Movimento 5 Stelle hanno segnato la seconda repubblica. E forse anche la terza.

Mi ricordano la triade cinese. Basta così, ho parlato troppo.

(Federico Ferraù)