In lizza per la carica di ministro della Giustizia, Giulia Bongiorno, il cui nome è stato associato anche alle caselle dell’Interno e della Pubblica amministrazione, è stata invece scelta come presidente della commissione Giustizia al Senato. Ed è proprio su questo tema che si sofferma nell’intervista al Corriere della Sera. La sua speranza è che sia la legislatura della svolta. «Dobbiamo agire su due piani. Primo, velocizzare i processi senza ridurre le garanzie. Altrimenti falliamo».
Anche perché la Riforma Cartabia non si è rivelata efficace: «Gli interventi sono stati poco incisivi, basti pensare al Csm. Immaginavo che il nuovo sistema non avrebbe cambiato nulla delle logiche correntizie. In un’intervista ho indovinato il numero di eletti per ciascuna corrente». Il suo auspicio è, dunque, un’altra riforma. «Servono modifiche costituzionali. Non dobbiamo aver paura di toccare la Costituzione, abbiamo il dovere di usare equilibrio nel cambiarla. Serve un Csm all’altezza: magistrati liberi non dalle correnti ma dalla loro degenerazione», spiega Giulia Bongiorno.
“DL RAVE? CONIUGARE GARANTISMO E RIGORE”
La prossima settimana, comunque, cominceranno i lavori della commissione. «Ci è già stato assegnato il decreto Rave, di cui ha parlato l’Italia intera e per il quale tutti, improvvisandosi giuristi, propongono stravolgimenti», spiega Giulia Bongiorno al Corriere della Sera. La senatrice della Lega assicura: «Un decreto delicato che avrà l’attenzione che merita». Preferisce non entrare nel merito del dl, ma sulle intercettazioni chiarisce: «Penso che siano uno strumento fondamentale di ricerca della prova e non sono favorevole a cancellarle. Ma dilatarle troppo può essere fuorviante». Più che prendere posizione tra un’ottica garantista e la linea dura, l’ex ministro della Pubblica amministrazione preferisce «coniugare garantismo e rigore», questa «è la scommessa di questa maggioranza e, credo, del governo». Non c’è alcuna contraddizione in tal senso per Bongiorno, in quanto «si può trovare l’equilibrio tra fermezza e garantismo. Non si può condannare sommariamente una persona, ma non si può nemmeno continuare con il Far West». Il riferimento è alla «sistematica violazione delle regole e l’assuefazione all’illegalità. Questo vale per molti settori. Anche per l’immigrazione».
IL CONFINE TRA SOCCORSO E TRATTA ESSERI UMANI
Alla luce di questo riferimento, Giulia Bongiorno commenta anche lo scontro tra il governo italiano e la Francia sui migranti: «È una dialettica franca tra due Paesi alleati. Ma alcuni punti vanno fissati». Nell’intervista al Corriere fa un esempio: «L’idea che l’Italia sia fuori dalle regole e che le Ong abbiano sempre ragione perché seguirebbero l’interesse dei migranti è sbagliata». Per la senatrice della Lega va tracciato un confine chiaro tra il soccorso ai migranti e la tratta di esseri umani. Inoltre, le «Ong hanno il dovere di cooperare con le autorità nazionali competenti, informando tempestivamente lo Stato Sar (l’area di mare di ricerca e salvataggio, ndr) di riferimento e quello di bandiera, nel rispetto delle direttive impartite». Se invece agiscono autonomamente, senza alcun coordinamento, allora per la Bongiorno «potrebbero celare legami con trafficanti e perciò concorrere nella commissione di reati che non possono più rimanere impuniti». Infine, ha assicurato che continuerà a difendere il ministro Matteo Salvini nei processi sugli sbarchi, perché col suo incarico non c’è incompatibilità: «I processi vanno avanti da anni, a Catania c’è stato il non luogo a procedere, in altre procure l’archiviazione, a Palermo è in dibattimento. Differente interpretazione di eventi analoghi. Difformità che andrebbe risolta a livello normativo nazionale e internazionale. Non si può lasciare ai magistrati la responsabilità di affrontare anche questo problema».