Nessuna stretta sulle intercettazioni, ma più garanzie. A fare il punto della situazione sulla riforma della giustizia è la presidente della commissione Giustizia del Senato, l’avvocato Giulia Bongiorno, considerata la “spina nel fianco” del ministro Carlo Nordio. In realtà, c’è sintonia tra i due. Lo assicura la stessa Bongiorno, che in un’intervista a Repubblica ricorda quando Nordio ha condiviso le ragioni del Sì all’ultimo referendum. «I confronti sono fisiologici, visto che io sono responsabile Giustizia di un partito della maggioranza», precisa Bongiorno. D’altra parte, non voleva cancellare l’abuso d’ufficio. «Ho sempre detto che questo reato, nonostante le modifiche che si sono succedute, non ha dato buona prova».
A tal proposito, cita il «terrore» di sindaci e amministratori locali che paralizza la Pubblica amministrazione. Di conseguenza, per Bongiorno ci sono due strade: abrogazione o nuova correzione. «Se si dovesse optare per l’abrogazione, diventerebbe necessaria una riforma complessiva dei reati contro la Pa per evitare possibili vuoti di tutela o interpretazioni estensive di altri e più gravi reati». Di sicuro, l’idea in generale non è quello di attenuare i reati di corruzione, «ma di razionalizzare la tutela nel suo complesso», anche perché «ci sono sovrapposizioni di reati che disorientano gli operatori del diritto e i cittadini».
DALL’ABUSO D’UFFICIO ALLE INTERCETTAZIONI
Giulia Bongiorno, riguardo l’abuso d’ufficio, ha fatto un’osservazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio, spiegando che togliendolo ai pubblici amministratori verranno contestati reati più gravi. «Il rischio esiste, ecco perché è importante una riforma organica in chiave di ripensamento complessivo del sistema. Anche per colmare eventuali vuoti che dovessero emergere», spiega l’ex ministra a Repubblica, che auspica una modifica dei reati in armonia con la normativa europea, «in modo da potenziare la lotta alla corruzione con strumenti legislativi comuni. Considero l’eventuale abrogazione dell’articolo 323 del codice penale un punto di partenza, e non di arrivo». Si passa così alle intercettazioni, che Bongiorno reputa «indispensabili» e quindi non vuole cancellare. «Il ministro sta lavorando sul tema della riservatezza». La presidente della commissione Giustizia del Senato ha riscontrato molteplici problematiche.
«Di certo oggi la tecnologia corre, mentre le leggi sono lente. Alcune forme di captazione non hanno affatto una disciplina adeguata e questo, per la rilevanza degli interessi in gioco, non è accettabile». C’è poi condivisione, in relazione alla riforma della giustizia, riguardo il tema di «alcuni eccessi nell’uso della custodia cautelare», infatti «è anche stato oggetto dei referendum promossi dalla Lega». A proposito della carcerazione preventiva, l’obiettivo condiviso è quello di evitare un uso distorto di essa. «Spesso ha costituito indelebili stigmate per soggetti poi assolti nel merito a distanza di anni». Infine, Bongiorno si sofferma sul piano di togliere al pm la possibilità di fare il processo d’appello in caso di assoluzione: «Penso invece alla sofferenza dei tanti innocenti coinvolti nei processi penali. Perché dilatarla anche dopo la prima assoluzione? E comunque ricordo a tutti che una sentenza di assoluzione anche se ribaltata in Appello lascia sempre il ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato».