“Il coraggio di dire io” spero non venga frainteso dai leader dei principali gruppi politici nazionali. L’affermazione non sta a significare impegnarsi per emergere singolarmente a danno di altri, ma impegnarsi nell’assumere le responsabilità che competono al ruolo e fare la propria parte impiegando i talenti di ciascuno per contribuire al miglioramento delle condizioni generali. In politica sta a significare che ognuno deve operare, e non limitarsi a comunicare intenzioni roboanti, per il raggiungimento di finalità che portino vantaggio a tutta la società. Un insieme di io divengono un noi.
In questo momento abbiamo un Governo di unità nazionale che, specialmente per l’autorità, riconosciuta a livello internazionale del proprio Presidente, ha saputo portare dall’Europa in Italia una quantità di fondi impensabile che, se ben usati, permetteranno al nostro Paese una ripresa economica non di momento ma duratura. Perché questo si realizzi è necessario che i “capi”partito, specialmente quelli che sostengono l’azione di governo, non disperdano in scontri ideologici, per la ricerca di effimeri risultati elettorali, la necessità di azioni praticabili solo trovando punti di intesa che conducano al bene comune. In questo senso l’intervento del Presidente di Confindustria Carlo Bonomi all’incontro “Le imprese nella ripresa” tenutosi ieri al Meeting di Rimini, moderato da Dario Di Vico, ha dettato i punti essenziali affinché le aziende, con una politica che svolga la sua parte seguendo la via sopraindicata, possano esprimere al massimo le capacità intrinseche nel significato di essere impresa: coraggio di realizzare il proprio pensiero, estenuante ricerca di innovazione, continua disponibilità al confronto, volontà nel realizzare catene del valore che possano rendere disponibili, a vantaggio di tutti, i risultati che si raggiungono.
Entrando nel dettaglio del suo intervento, totalmente condiviso anche dagli altri partecipanti, il Presidente confindustriale ha sottolineato come solo da incontri senza preconcetti far le parti sociali si possa arrivare a risolvere problematiche essenziali per il futuro del nostro Paese. L’esempio pratico è stato il protocollo impresa-sindacati del 2020 che ha permesso, nel momento più difficile della problematica pandemica, di stabilire il modus operandi per dare possibilità al mondo del lavoro di sviluppare azioni. Tale metodo andrebbe applicato anche ora di fronte a temi di sicuro interesse di tutti i corpi sociali: sanità, sicurezza nelle aziende e azioni che permettano anche ai capitali stranieri di investire in Italia.
Per quest’ultima azione debbono individuarsi modalità che facilitino gli ingressi su un mercato obbligatoriamente aperto, siamo un Paese che vive di export, e non minacciare azioni punitive. Proprio nello spirito del Meeting, Bonomi ha sottolineato che solo l’incontro fra due “io” può portare a decisioni risolutive, non bisogna pietire soluzioni legislative alla politica. In definitiva la politica deve avere un ruolo sussidiario rispetto ad attività di competenza delle rappresentanze sociali. Questo, a mio parere, darebbe grande slancio alle azioni dei corpi intermedi che già nei momenti peggiori della pandemia sono stati il reale collante fra le imprese che, da sole, difficilmente avrebbero trovato le motivazioni per continuare con quello slancio che ha permesso al nostro sistema manifatturiero di rimanere la seconda potenza europea. Il Presidente ha poi sottolineato il pericolo, che citavo all’inizio, di una politica che si impegni più per risultati del momento (amministrative in grandi città) che non per portare a completamento temi di enorme importanza come la revisione degli ammortizzatori sociali, la concorrenza e la previdenza.
In merito al futuro delle imprese, da cui discende il futuro del Paese, grande spazio è stato riservato alla situazione scolastica. Carlo Bonomi ha sottolineato, anche in questa situazione, una grande necessità di collaborazione fra scuola e imprese per permettere a queste ultime di approfittare di una scuola che prepari profili professionali adatti all’attuale transizione economico/tecnologica e divenire ancor più competitive. Data la mia provenienza, mi piace inserire l’impegno su queste tematiche del mondo del bene strumentale italiano e in particolare vorrei riferirmi a quello della macchina utensile. Esso è un mondo quasi esclusivamente composto da Pmi con radici familiari.
Bene, nonostante la chiusura per tutto il periodo di lockdown, il settore non è rimasto fermo. Appoggiato da Ucimu, la rappresentanza di settore, si è costantemente confrontata con e fra le aziende, individuando azioni di rete che permetteranno introduzioni in economie lontane e di grande effervescenza, definendo un’attività di cultura e operativa sulle tematiche della sostenibilità vista nelle diverse sfaccettature indissociabili – economica, sociale, ambientale – con ciò facendosi trovare pronta al momento della riaperta dei mercati. La dimostrazione è stata il notevole incremento di ordinativi, ricevuti da tutti i Paesi industrializzati, che hanno permesso al settore base dello sviluppo industriale di mantenere le proprie posizioni a livello mondiale con il secondo posto in Europa.
Ricordando che solo un Paese che produce macchine utensili eccellenti può affermare di avere gettato le basi per la competitività globale del proprio comparto manifatturiero, traiamo elementi di ottimismo per il futuro.
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