La lettura di Carlo Bonomi della crisi Covid-19 è tutt’altro che ottimistica, e non certo da oggi: «Per l’Italia sono giorni decisivi: o tra Governo e parti sociali ci confrontiamo, ci ascoltiamo e lavoriamo tutti uniti a un grande patto oppure entriamo in una crisi drammatica, dalla quale rischiamo di non uscire più». L’irreversibilità della crisi economica e sociale già il n.1 di Confindustria l’aveva preconizzata negli scorsi mesi, incontrando il Governo a Villa Doria Pamphilj per gli Stati Generali: a Conte il Presidente degli industriali aveva avvertito del rischio fortissimo di crisi sociale se non fossero state al più presto invertite le priorità del Paese, puntando tutto sul rilancio dell’economia e lo “sblocco” per le aziende con strategia a lungo termine (e senza lasciarsi “condizionare” dalle sole richieste dei sindacati). Pochi mesi dopo, nell’intervista a La Stampa, Bonomi traccia un bilancio tutt’altro che positivo: «Senza un intervento del Governo sul lavoro rischiamo una gigantesca macelleria sociale». Sono a rischio almeno un milione di posti di lavoro, sentenzia Bonomi, «resta un numero purtroppo molto credibile. Il Governo non ha una visione sul dopo, la riorganizzazione delle filiere del valore non c’è stata, il mercato è pietrificato. Il rischio di un’emorragia è serio».



BONOMI (CONFINDUSTRIA): “TRIDICO SCREDITA LE IMPRESE”

Le critiche di Confindustria all’azione del Governo Conte-2 vede una lista lunghissima a cominciare dall’imminente riapertura delle scuole: «Il 14 settembre riprenderà la scuola, ma non si è capito se e come riapriranno gli istituti scolastici ed inoltre da settimane siamo inchiodati a discutere sui banchi a rotelle. Non riusciamo neanche a sapere quali sono le 11 imprese che li starebbero fabbricando, siamo al paradosso che c’è una sorta di segreto di stato su una gara pubblica». Secondo Carlo Bonomi, leader Confindustria eletto e nominato durante il lockdown, non solo manca una visione “sul dopo” ma mancano tutte le promesse fatte sui decreti anti-crisi: «il governo ci aveva promesso i decreti attuativi (ne servono 400) sulle misure anti-crisi, ma è tutto fermo. Ci avevano detto che ad agosto avrebbero lavorato alla stesura del piano di riforme da presentare alla Ue per ottenere i contributi del Recovery Fund, ed è tutto fermo». Non è però solo il Governo ad essere “mira” degli attacchi di Confindustria, con Bonomi che ne ha anche per sindacati e Inps: «Cgil, Cisl e Uil ci accusano di non voler rinnovare i contratti? siamo i primi a volerli rinnovare. E chi ci accusa del contrario è un bugiardo. Ma noi chiediamo che chi sottoscrive i patti poi si impegni a rispettarli. Questo non sta avvenendo rispetto alle firme sindacali, al patto interconfederale del 2018, in cui insieme fissammo sia criteri di rappresentanza che il principio di contratti di produttività. Noi vogliamo rinnovi contrattuali agganciati agli aumenti di produttività […] E vogliamo dare più soldi ai lavoratori per welfare aziendale, previdenza integrativa, formazione e assegni di ricollocazione. Ai lavoratori, non alle casse sindacali». Sul fronte Inps, dopo le accuse di Pasquale Tridico sulle 234mila imprese che hanno preso la Cig senza averne diritto, Bonomi replica con Giannini su La Stampa: «abbiamo chiesto: quante sono le imprese che avete denunciato? Silenzio. Quante sono, almeno per categoria? Silenzio. Quali sono le imprese che hanno riaperto per prendere la Cig o che l’hanno presa pur avendo lavoratori in nero? Silenzio. Ho il diritto di sapere, perché se ho queste informazioni io, quelle imprese saranno messe fuori da Confindustria con effetto immediato. Ma finora il signor Tridico non me le ha fornite […] Tridico vuole forse screditare l’industria? E per conto di chi? Ecco, questa è l’Italia che non vogliamo, pervasa da un sentimento anti-industriale». Chiosa finale sul tentativo di uscire da questo “buco nero” in cui sembra avviarsi l’Italia nel post-Covid: «si può uscire dalla crisi ridisegnando il sistema della protezione sociale, come noi abbiamo chiesto ai primi di luglio ma adesso è più difficile, perché si è perso tempo prezioso».

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