Ieri l’Istat ha pubblicato il periodico rapporto sullo stato di salute, una definizione che, ahimè, questa volta calza a pennello, del nostro mercato del lavoro a febbraio 2020 prima che, insomma, anche sul nostro Paese si abbattesse, sia dal punto sanitario che economico, il coronavirus. Ciò premesso dal report emerge che, rispetto al mese di gennaio 2020, a febbraio l’occupazione era sostanzialmente stabile, la disoccupazione calava e il numero di inattivi aumentava lievemente.



A febbraio si fotografava, insomma, una sostanziale stabilità dell’occupazione, cui corrisponde un tasso di occupazione stabile al 58,9%. Un dato, questo, risultato dell’aumento lieve registrato tra le donne (+0,1%, pari a +12mila), i dipendenti a termine (+14mila) e, in misura più consistente, i giovani tra i 15 e i 24 anni (+35mila) e del calo tra gli uomini (-0,2% pari a -22mila), i dipendenti permanenti (-20mila), gli indipendenti (-4mila) e gli over35 (-44mila).



In questo quadro, al fine appunto di tutelare il lavoro, con il cosiddetto decreto cura Italia di marzo si prevede, tra le varie misure, l’erogazione di una tantum di 600 euro, a determinate condizioni, per i liberi professionisti (titolari di partita Iva) iscritti alla cosiddetta Gestione separata Inps e i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione, i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Inps (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali e ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali), i lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali, gli operai agricoli a tempo determinato e i lavoratori dello spettacolo.



Le diverse indennità, è opportuno precisarlo, non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi) e non sono cumulabili tra di loro e non spettano, ovviamente, qualora il soggetto sia già titolare del Reddito di cittadinanza

Il decreto prevede, inoltre, il riconoscimento dell’indennità, sempre per il mese di marzo 2020, in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche. Lo sport, nel nostro Paese, è bene ricordarlo, non è, infatti, solamente il calcio, e in particolare la serie A dei grandi campioni, ma anche molto sport dilettantistico e discipline considerate “minori” che, tuttavia, offrono anche molte opportunità di lavoro.

L’indennità è riconosciuta, a partire dal primo aprile, dall’Inps, su domanda, fino a concorrenza delle risorse stanziate, per le varie categorie di lavoratori con una procedura che, almeno nei buoni propositi di Governo e Inps, sarebbe dovuta essere molto semplificata ed efficace. È possibile, infatti, ottenere il pin con modalità quali un semplice sms e non è necessario far “certificare” la titolarità del conto alla propria banca.

Se, però, con relativa semplicità tecnica/informatica, e in tempi celeri, è stato fatto questo, oggi, viene da chiedersi, per quale motivo, non si sia proceduto prima. La burocrazia, insomma, può essere, se si vuole, facilmente resa amica del cittadino utilizzando le tanto citate tecnologie 2,3,4 punto zero.

Non tutto però, evidentemente, è andato liscio e come programmato visto l’assalto al sito Inps che è stato bloccato per ore e le evidenti problematiche legate all’incapacità del sistema di tutelare la privacy dei cittadini.

Dal punto di vista sostanziale poi viene da chiedersi se basteranno 600 euro una tantum, che rappresentano comunque una piccola prima interessante innovazione nel sistema di tutele, per venire incontro al grande popolo delle partite Iva e dei lavoratori autonomi colpiti dalla crisi del coronavirus. Probabilmente la misura è timida e insoddisfacente e la risposta alla domanda sembra essere negativa se, come sembra, lo stesso esecutivo immagina un’indennità, seppure un po’ più selettiva, ma più ricca per il decreto aprile in fieri.

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