Anche gli stranieri hanno diritto al bonus bebè e assegno di maternità. Lo stabilisce la Corte Costituzionale, che oggi ha depositato una sentenza che era stata anticipata a gennaio con un comunicato stampa. Le disposizioni che escludono gli stranieri extracomunitari non titolari del permesso per soggiornare nell’Unione Europa di lungo periodo sono incostituzionali per la Consulta, in quanto «istituiscono per i soli cittadini di Paesi terzi un sistema irragionevolmente più gravoso».
Ciò per la Corte Costituzionale «travalica la pur legittima finalità di accordare i benefici dello stato sociale a coloro che vantino un soggiorno regolare e non episodico sul territorio della nazione». Inoltre, negano una tutela adeguata proprio a chi si trova in condizioni di bisogno più grave. Questo è un passaggio della sentenza, la cui redattrice è la vicepresidente Silvana Sciarra. Fa seguito alla pronuncia della Corte di giustizia dell’Ue del 2 settembre scorso, che aveva risposto ai quesiti posti nel luglio 2020 dalla Consulta.
CONSULTA SU BONUS BEBÈ E ASSEGNO MATERNITÀ A STRANIERI
Per la Corte di Lussemburgo la normativa italiana è incompatibile con la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, oltre che con una direttiva Ue sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri. Quindi, la Corte Costituzionale ritiene che sia necessario «assicurare una tutela sistemica, e non frazionata, dei diritti presidiati dalla Costituzione», anche sinergicamente con la Carta di Nizza, e di valutare il bilanciamento del legislatore, «in una prospettiva di massima espansione delle garanzie».
La disciplina, che per la Consulta è incostuzionale, lede il diritto alla parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale, previsto dall’articolo 34 dalla Corte in collegamento con quello della direttiva Ue. Peraltro, la tutela della maternità e dell’infanzia, che si ritrova nell’articolo 31 della Costituzione, «non tollera distinzioni arbitrarie e irragionevoli». La Consulta ha, quindi, escluso che vi sia una ragionevole correlazione tra il requisito del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo e il riconoscimento di prestazioni che tutelano maternità e infanzia, come stabilito dalla Costituzione, che fronteggiano uno stato di bisogno come quello sopra precisato.