Durante il Consiglio dei ministri del 30 aprile 2024 è stato varato un nuovo decreto nel quale viene incluso un pacchetto di interventi in materia di revisione del regime Irpef e Ires. In tale pacchetto è contenuta la misura ormai conosciuta come Bonus Befana, che consiste nell’erogazione di 100 euro a determinate categorie di lavoratori nel gennaio 2025.
Più precisamente, il costo per lo Stato si aggira intorno ai 100 milioni e le categorie cui è rivolto sono i lavoratori con un reddito pari o inferiore a 28.000 euro e le famiglie che ne hanno diritto devono essere monoreddito, o perché il lavoratore ha a carico sia coniuge che figlio oppure perché la famiglia è monogenitoriale. Inoltre, il bonus Befana non è automatico ma deve essere richiesto al proprio datore di lavoro (esattamente come era successo con il bonus 200 euro fornito dal Governo Draghi). Non solo, un grave problema è il fatto che la misura parla di euro lordi, da cui bisognerà quindi togliere il 23% dell’Irpef; in pratica i lavoratori con redditi tra 28.000 e 15.000 euro (cioè la no tax area) potranno al massimo prendere 77 euro netti in più in busta paga.
L’idea del bonus Befana a gennaio del prossimo anno è, secondo il viceministro Leo, dovuto al fatto che “il cuneo fiscale si sviluppa su 12 mesi, allora il bonus è come se fosse una tredicesima del cuneo fiscale: questo è l’obiettivo, di dare una tredicesima del cuneo fiscale”.
Nonostante l’obiettivo dichiarato del bonus Befana di creare una tredicesima fiscale, rimane il fatto che questa misura pare insufficiente per varie ragioni. La prima è che è un una tantum, coerentemente a quanto dichiarato, e non va a incidere granché nel reddito annuo di una famiglia. Al contrario gli 80 euro del Governo Renzi, pur criticabili sotto vari aspetti in quanto la platea degli aventi diritto non era mirata e più confusa, rendevano l’erogazione mensile: per quanto fosse una misura “afamigliare” (cioè non contro la famiglia ma che semplicemente non ne ha tenuto conto), tale bonus andava a incidere sul reddito annuo finale: in tal modo si poteva ipotizzare una ripartenza dei consumi (al netto dell’inflazione).
È pur vero, d’altronde, che il bonus Befana deve essere letto a partire dal taglio del cuneo fiscale: così facendo perde di senso il paragone con gli 80 euro, evidenziando una riduzione delle tasse del lavoro forse ancora insufficiente ma che ancora non era stata fatta. Rimane però poco comprensibile il fatto che il lavoratore debba richiedere questa “tredicesima fiscale” e, allo stesso tempo, che non sia stata detassata direttamente la tredicesima (questione spiegabile esclusivamente con il fatto che la misura sarebbe costata molto più di 100 milioni).
Il secondo punto sul bonus Befana riguarda proprio il taglio del cuneo fiscale: è una misura non strutturale e che dovrà essere rinnovata entro dicembre con la Legge di bilancio. Va ricordato che l’anno scorso il Patto di stabilità era ancora sospeso e che le spese per il Superbonus sono state computate da Eurostat tutte nel 2023, pesando quindi sull’ultima manovra: questi due dati hanno lasciato un margine nell’indebitamento e nell’utilizzo delle risorse che quest’anno non ci sarà. È d’altronde evidente che il bonus Befana manifesta la chiara intenzione del Governo di rinnovare il taglio del cuneo (con la speranza che lo renda strutturale), altrimenti sarebbe un fallimento economico e politico difficile da spiegare. Da questo punto di vista il bonus Befana fa ben sperare.
Essendo che l’erogazione del Bonus Befana è prevista per gennaio 2025, l’annuncio di questi giorni non deve intendersi neanche come una mancia in vista delle prossime Europee: in primo luogo si sta parlando di 100 euro lordi per una fascia molto ristretta di cittadini (circa un milione) che avverrà appunto tra molti mesi, in secondo luogo i sondaggi vedono il partito della Premier navigare più o meno sulle stesse cifre delle elezioni 2022 e un’eccessiva vittoria potrebbe compromettere gli equilibri di Governo.
Concludendo, il bonus Befana, se inserito in un quadro più ampio di misure, può avere senso, nonostante la sua esistenza sembri escludere un detassamento delle tredicesime. Certo è che più che l’ennesimo bonus di questi anni, erogati da Governi di vari colori, ci si aspetta una vera riforma strutturale (quindi non rinnovabile anno per anno) per lavoratori, famiglie e imprese. Pur essendo buono il punto di partenza, sarà importante vedere cosa accadrà nella terza manovra di questo Esecutivo.
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