C’è decisamente un disaccoppiamento tra le quotazioni del petrolio e i prezzi dei carburanti alla pompa. Mentre il barile scende sotto i 90 dollari nonostante l’annuncio del prolungamento fino a dicembre dei tagli alla produzione di settimana scorsa da parte di Riyadh e Mosca, per effetto dell’incertezza ormai cronica sulla tenuta della domanda cinese e per il dollaro forte, la media nazionale dei prezzi della benzina in self service punta quota 1,97 euro/litro, tornando a livello del 21 luglio 2022 e quella del gasolio ha superato 1,87 euro/litro, oltre il livello di inizio anno e a meno di cinque centesimi dal picco del 2023 toccato il 30 gennaio a 1,92 euro/litro.
Potrebbe essere annunciato a giorni un bonus benzina da destinarsi solo ad alcune categorie che rispecchiano certi requisiti. La possibile manovra del Governo ha come obiettivo di sostenere le spese delle famiglie in difficoltà. Per ora circolano solo indiscrezioni su un aiuto una tantum di 150 euro alle famiglie con Isee inferiore a 25mila euro l’anno. Un contributo che potrebbe pesare circa due miliardi sulla manovra di bilancio. Ma se invece di una misura estemporanea e circoscritta, che andrebbe ad aggiungersi ai 200 euro dei buoni benzina ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori subordinati prevista nel Decreto Trasparenza Prezzo Carburanti varato a gennaio, si verificassero le condizioni per l’attivazione della cosiddetta “accisa mobile”?
Il meccanismo per ridurre gli aumenti eccessivi, introdotto nella Finanziaria 2008 e ritoccato appunto dal Governo a gennaio, andrebbe a interessare tutti i consumatori. La norma prevede che il taglio delle accise “può essere adottato se il prezzo aumenta, sulla media del precedente bimestre, rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nell’ultimo Def del Ministero dell’Economia e Finanze”. Secondo i calcoli riportati dalla Staffetta Quotidiana, il valore di riferimento è pari a circa 77,4 euro al barile. Il prezzo medio del Brent in euro dell’ultimo bimestre è stato di 75,4 euro/barile. Dunque, mancano due euro al raggiungimento della soglia per far scattare il taglio delle accise.
Considerando la volatilità del mercato del greggio, e considerando che le quotazioni viaggiano intorno a 90 dollari al barile, non è escluso che nel giro di qualche giorno si verifichino le condizioni per far scattare il taglio dell’accisa. Tuttavia, come fa notare la Staffetta, “entro il 27 settembre il Governo dovrà presentare la Nota di aggiornamento del Def, e con tutta probabilità indicherà un prezzo di riferimento del Brent più alto dell’attuale, allontanando così la possibilità che si verifichino le condizioni per far scattare l’accisa mobile”.
Il taglio delle accise è un cavallo di battaglia dei programmi elettorali della Lega, mentre la coalizione al governo tuona di voler eliminare i sussidi alle fonti fossili lasciando intendere agli elettori, in modo tartufesco, che questa misura andrà a colpire i petrolieri. Dovrebbero però, far pace col cervello perché si tratta di tirare la coperta da una parte o dall’altra. Da un lato, con il promesso taglio delle accise sul prezzo del carburante si va a eliminare la disincentivazione fiscale sui carburanti che serve appunto a coprire le esternalità ambientali negative: inquinamento dell’aria e riscaldamento climatico globale. E lo stesso accade distribuendo bonus benzina e gasolio, che sono dei sussidi ai consumatori che ricadrebbero dritti, dritti, nell’esecrabile categoria dei sussidi ambientalmente dannosi. Quindi, lo Stato per dare un sussidio ai consumatori di fatto: a) aumenta i sussidi ambientalmente dannosi che proclama di voler azzerare; b) riduce gli introiti pubblici proprio in tempi di manovra sui conti pubblici la cui stabilità dipende tra l’altro dalle tasse sugli idrocarburi. Davvero un impareggiabile contorsionismo mentale.
La questione va affrontata in modo non ideologico riconoscendo che le fonti fossili sono ancora troppo convenienti perché hanno una concentrazione energetica impareggiabile e una facilità d’uso che altre fonti e vettori non hanno. Se davvero si vuole accelerare la transizione energetica occorre smettere di sprecare quattrini in sussidi, che siano sono forma di bonus, Iva agevolata o di taglio di accise e investire massicciamente in ricerca applicata. Che poi questo sia percorribile senza scatenare rivolte sociali alla gilet jaunes, è un altro discorso, ma smettiamola con l’ipocrisia semantica dei sussidi dannosi… a corrente alternata.
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