Con circa tre mesi di ritardo rispetto all’erogazione per le lavoratrici nel settore privato, alla fine si è trovata una quadra per far partire ufficialmente il bonus mamme anche per chi lavora nella Pubblica amministrazione (PA): la data fissata è quella di maggio, momento in cui i datori di lavoro dovranno cominciare a raccogliere le richieste delle loro dipendenti, per trasmetterle all’INPS che gestirà tutte le fasi operative dell’erogazione. Nel privato, il bonus è stato avviato già a febbraio e, mentre non si conosce ancora il numero di lavoratrici che l’hanno effettivamente richiesto, si stima che la platea dovrebbe essere di circa 860 mila mamme, delle quali circa 150 mila nella sola PA.
L’incentivo consiste nell’azzeramento dei cosiddetti contributi Ivs (pari a circa il 9,19% dello stipendio), con l’unico limite fissato a 3mila euro annuali e che, secondo proiezioni del Messaggero, potrebbe arrivata fino a 150 euro al mese: questi saranno direttamente ‘inseriti’ nelle buste paga, con l’ulteriore ‘sorpresa’ del recupero dei 5 arretrati (i mesi da gennaio a maggio) persi per i ritardi burocratici. In altre parole, le mamme che sono anche lavartici (e rientrano negli stringenti paletti del bonus) a maggio riceveranno fino ad un massimo di 750 euro nella busta paga, mentre nel corso di tutto l’anno potrebbero riceverne fino a 1.800, seppur il limite sia fissato a 3mila.
I limiti del bonus mamme lavoratici: quanti figli e che tipologia di contratto servono
Il principale inghippo nelle erogazioni, fino ad oggi, era legato al fatto che, a differenza di molti altri incentivi (se non tutti), le richieste devono essere gestite tramite un’apposita piattaforma dai datori di lavoro, incaricati di raccogliere i codici fiscali dei figli delle lavoratrici che desiderano aderire al bonus mamme, per poi fornirli all’INPS che procede a tutte le verifiche. Inoltre, secondo molti critici quei paletti a cui si faceva riferimento prima sono troppo stringenti: da un lato, infatti, sarà necessario avere a carico almeno tre figli di cui uno sotto i 18 anni, mentre dall’altro, con soli due figli a carico delle mamme lavoratici, l’adesione al bonus è limitata al fatto che almeno uno dei due sia minore di 10 anni.
Come ha precisato l’INPS (riferisce sempre il Messaggero) nel caso si abbiano tre figli la durata della decontribuzione durerà fino al 2026, mentre con due figli si potrà richiedere solo per il 2024: in entrambi i casi, l’erogazione scade se il minore tra i figli compie 18 o 10 anni. Escluse tutte le mamme che hanno il numero giusto di figli, ma un contratto a tempo determinato: in tal senso le lavoratrici dovranno farsi convertire il contratto e, poi, richiedere il bonus, fermo restando però che non si potranno ottenere gli arretrati.