L’economia italiana è tagliata in due: la zona Nord con delle risorse finanziare più fiorenti, e quella Sud che soffre in gran parte dei settori macro economici: a questo proposito le aziende che operano nel Mezzogiorno possono accedere al bonus definito come “ZES” Unica Sud.
L’incentivo prevede dei crediti d’imposta da garantire a tutte quelle imprese del Sud italiana che investono il proprio capitale in impianti e attrezzature destinate a delle strutture produttive esistenti oppure nuove.
Come ottenere il bonus ZES Unica Sud
La soluzione più immediata per godere del bonus ZES Unica è la compilazione del modello predisposto dall’Agenzia delle Entrate “Comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nella Zes unica”.
Il documento deve contenere delle informazioni specifiche (informativa sul trattamento dati, dettagli sull’impresa beneficiaria e su eventuali operazioni straordinarie) e le spese ammesse nella misura, e si suddivise in più “quadri”: Quadro A, riporta le informazioni previste nel progetto d’investimento; Quadro B, elenca i dati della struttura produttiva; Quadro C, trascrive i soggetti sottoposti al check antimafia; Quadro D, è possibile reperire richieste di aiuto o agevolazioni già concesse; Quadro E, si rendono visibili gli estremi della certificazione e delle fatture elettroniche ricevute.
Il termine ultimo per la consegna – esclusivamente telematica – è fissato al 12 luglio 2024. La presentazione può avvenire autonomamente oppure grazie ad un professionista incaricato nella suddetta attività.
Imprese beneficiarie
Le imprese che possono beneficiare degli incentivi non hanno limiti di dimensioni. L’unico requisito è quello di avere sede ed operare nella ZES e di non lavorare in uno dei seguenti settori: Industria siderurgica; Carbonifera e lignite; Trasporti (tranne magazzinaggio e il supporto ai trasporti); Energia, banda larga, banche, assicurazioni e società finanziarie.
La percentuale del credito di imposta varia in base alla Regione in cui si trova l’azienda: il 15% in Abruzzo, il 30% in Molise, Basilicata e Sardegna, il 40% in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria ed infine il 50% a Taranto e nel Sulcis (Sardegna).