Seconda ondata del Covid-19 in pieno atto, si legge su tutti i media. In realtà, la prima ondata non è mai finita, sottolineano gli esperti; siamo davanti alle conseguenze della riapertura dopo la fine del lockdown. Ma anche a studi più precisi e dettagliati, come ci ha detto in questa intervista il professor Fabrizio Pregliasco, virologo e divulgatore scientifico: “Assistiamo a un alto numero di casi di contagio, ma paradossalmente sono meno di prima, perché oggi si iniziano a individuare una serie di casi che nei primi mesi non eravamo in grado di individuare, i cosiddetti asintomatici. Più ne troviamo e meno c’è rischio di contagi”. La situazione però non è affatto allegra, ribadisce Pregliasco: “Il trend in aumento a cui stiamo assistendo è destinato a crescere se non lo teniamo costantemente monitorato. L’espansione epidemica è velocissima, se non si riesce a contenere questo aumento, il disastro è immediato”.
Nel trend di aumento dei casi positivi che si sta registrando in questi giorni, che cosa ci dice il tasso di morbosità: dobbiamo seriamente preoccuparci?
Purtroppo sì, perché adesso la situazione è diversa dall’inizio della pandemia. I casi sono tanti, ma paradossalmente sono meno.
Che cosa intende?
Iniziamo a individuare una serie di casi che allora non individuavamo, i cosiddetti asintomatici. Sono quelli che non esaminavamo, non ne conoscevamo l’esistenza, ma sono quelli che hanno determinato la grande quota di casi complessi, perché purtroppo questa malattia è a basso rischio specifico, ma nei soggetti più fragili crea guai seri. Abbiamo una maggior capacità paradossale di individuare più positivi: più ne troviamo e meno contagiano. Il trend in aumento è una situazione che può andare ad aumentare ulteriormente se non facciamo tamponi. Questo è importante ribadirlo.
Dobbiamo temere un nuovo intasamento di ospedali e terapie intensive?
Per adesso siamo ancora in una situazione di contenimento, però non c’è dubbio che quello è il dato che dobbiamo costantemente tenere monitorato. Aumentando i casi, la situazione può peggiorare. L’espansione epidemica è velocissima, se non si riesce a contenere questo aumento, il disastro è immediato.
Anche la letalità resta bassa, intorno allo 0,5%: vuol dire che il virus non vuole “ucciderci” per non estinguersi?
No. Il virus è uguale, ha subìto delle variazioni, ma nulla di significativo rispetto a un ammorbidimento. È che adesso disponiamo di statistiche migliori, prima facevamo statistiche di mortalità che non erano riferite al numero di malati, ma alla quota di malati sintomatici. La differenza era più alta in termini percentuali.
Il virus quanto e come si sta adattando al nostro organismo?
Non è ancora successo. Era già contagioso ma meno aggressivo, però il virus è quello che è. Come dicevo prima, le statistiche sono oggi più precise, evidenziano la peculiarità di una malattia a basso rischio specifico, ma che nel momento in cui si è diffusa in modo massivo ha determinato valori elevatissimi.
Potrà circolare per anni, come il virus influenzale?
Sì, fino a quando non avremo un vaccino questo virus continuerà a rompere le scatole.
Il professor Palù in questa nostra intervista sostiene che il Covid è stato creato in laboratorio: il fatto che sia naturale o artificiale fa differenza in termini virologici ed epidemiologici?
No, ed è difficile dirlo. All’inizio c’era questa ipotesi, gli elementi di cui disponiamo oggi ci parlano di una filogenesi, un albero genealogico che può giustificare la naturalità del virus. Ma non è facile verificare questa o l’altra ipotesi.