La Generazione Z, per utilizzare un termine desueto e poco preciso che indica a grandi linee i nati tra il 1997 e il 2012, sembra soffrire sempre di più di disturbi d’ansia e depressione, specialmente se rapportati alle generazioni che li hanno preceduti. Un circostanza che, certamente, allarma gli esperti di tutta Italia, soprattutto coloro che lavorano a stretto contatto con questo tipo di malattie psichiatriche, ma che non sembra riscuotere il necessario interesse da parte dei media.



A livello numerico, riporta il quotidiano Repubblica, sono circa 2 milioni di ragazzi della Generazione Z a soffrire di disturbi mentali, mentre il suicidio rappresenta, oggi, la seconda causa di morte per i ragazzi tra i 15 e i 25 anni, mentre nella stessa fascia d’età solo 3 milioni coloro che soffrono di disturbi alimentari (anoressia, bulimia e binge eating). Numeri gravi, soprattutto considerando che solamente il 20% di loro viene preso in carico dalle strutture sanitarie pubbliche, con il 70% di loro che ha compiuto, o provato a compiere, atti di autolesionismo, nel 90% dei casi ragazze. Ma i dati sui disagi psicologici della Generazione Z sono ulteriormente aggravati dal fatto che negli ospedali italiani ci sono solamente 2,8 psicologi ogni 100mila abitanti, con 400 posti letto nei reparti neuropsichiatrici infantili (a fronte di una necessità di almeno 800).



L’effetto del covid sulla Generazione Z

Da tempo il disagio psicologico della Generazione Z è noto e discusso, con la diffusa percezione che sia stato, in parte, colpa del covid con le sue limitazioni che hanno sconvolto abitudini e consuetudini, costringendo i giovani ad una solitudine forzata. “Dall’inizio della pandemia”, spiega a Repubblica Stefano Vicari, primario di neuropsichiatria a Roma, “abbiamo registrato il 40% in più di accessi al pronto soccorso”, ma nonostante questo “le malattie mentali sono multifattoriali, ci può essere predisposizione genetica che si manifesta”, così come pesano anche le dipendenze.



Di un simile avviso sui disagi psicologici della Generazione Z è anche lo psicologo Damiano Rizzi, che sottolinea come “ora il covid come spiegazione non basta più”. Tra i suoi giovani pazienti, spiega, “prevale il senso di inadeguatezza, schiacciati dalle aspettative nei loro confronti”. Lo sottolinea anche la docente di psicologia Daniela Lucangeli, secondo la quale il covid “ha fatto come il mare in tempesta” portando a calla “tutto quello che c’è sul fondo”, così come la Generazione Z “a differenza di quelle precedenti esaurisce precocemente le risorse di sopportazione del dolore dell’esistenza”.