Boom di minorenni che cambiano sesso: nell’anno della pandemia il fenomeno della disforia di genere ha conosciuto una grande crescita. Ad esempio, l’ospedale San Camillo di Roma ha registrato un aumento del 150% di ragazzini con una simile ipotesi diagnostica. Ne parla La Verità, spiegando che evidentemente la pandemia ha portato a galla il caos di una generazione sospesa in un’epoca in cui tutto è permesso. Si stanno, dunque, moltiplicando gli interventi per cambiare sesso, anche per un progressivo allentamento dei vincoli anagrafici e sanitari. Infatti, fino al 2015 per modificare i connotati sulla carta di identità bisognava sottoporsi ad un intervento, invece ora non c’è questo obbligo. Inoltre, l’Oms ha riconosciuto la disforia di genere come condizione sessuale, non come disturbo psichico. Ai minori, dunque, può essere somministrata la triptorelina, farmaco per bloccare la pubertà. Di solito, questo è il primo passo che porta i giovani alla somministrazione di ormoni e poi all’intervento che ha effetti irreversibili. Il quotidiano cita anche il monitoraggio Sicpre (Società italiana chirurgia plastica ricostruttiva rigenerativa ed estetica), secondo cui nell’anno prima della pandemia 120 persone si erano sottoposte a interventi di cambio di sesso. Il 60% dei pazienti chiede di diventare donna, il restante 40% uomo.
“PERCORSI PSICOLOGICI A VOLTE INADEGUATI”
L’ospedale che effettua più interventi, secondo quanto riportato da La Verità, è quello di Pisa, che è passato da 6 nel 2011, quando ha iniziato, a 60. Invece al San Camillo di Roma nei primi tre mesi di quest’anno il numero di minori arrivati con ipotesi di disforia di genere è cresciuto del 150% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Invece al Policlinico universitario di Palermo le richieste di interventi sono cresciute del 30%. Per il movimento Lgbt e parte della comunità scientifica, si tratta di fenomeno sempre esistito, ma ora le persone escono allo scoperto. Ci sono però psicologi e chirurghi che parlano di fenomeni di emulazione e contagio sociale. Questa è l’ipotesi della professoressa Adriana Cordova, ordinario di chirurgia plastica a Palermo ed ex presidente Sicpre: «Numerose persone che arrivano da noi per il cambio del sesso hanno effettuato percorsi psicologici inadeguati. Le terapie psicologiche dovrebbero durare 2 anni, ma non tutti completano il ciclo». Ciò perché non se lo possono permettere o perché le strutture pubbliche non garantiscono continuità avendo psicologi diversi.
La professoressa Adriana Cordova ha parlato a La Verità anche di persone che si sono rivolte a lei dopo aver avuto l’autorizzazione del tribunale per il cambio di sesso dopo un paio di incontri con lo psicologo. «Ho l’impressione che si parli del cambio di sesso con leggerezza e che non si sottolinei la drasticità del gesto chirurgico». Inoltre, ha spiegato che «per alcuni pazienti la transizione era necessaria e ha portato a una migliore qualità della vita, ma per altrettanti casi il bisturi non ha risolto i problemi psicologici». C’è poi un’altra questione tutt’altro che trascurabile: se un adolescente cambia idea dopo due o tre anni di somministrazione di triptorelina, cosa succede? Una domanda che non trova risposta a fronte della carenza di letteratura scientifica.